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Il vino alcol

Vino alcol alambicco e calice di vino

Per millenni l’alcol è stato il parametro su cui si giudicava, si produceva e si beveva vino. Oggi le cose sono radicalmente cambiate grazie all’evolversi delle tecniche vitivinicole.

Il vino alcol è quel vino che ha calcato la scena da protagonista per qualche millennio, quello che ha fatto cantare i poeti perché contribuiva a illanguidire gli animi ed indurli al trasporto amoroso, quello che infiammava i soldati e dava loro il coraggio di lanciarsi nella battaglia. La quantità d’alcol presente in un’unità di misura è stata per secoli il parametro della qualità, l’indicatore del valore economico di qualunque partita di vino.

Con l’evolversi delle tecniche vitivinicole e dei gusti del consumatore, però, l’alcol ha cominciato a perdere il suo ruolo centrale a vantaggio di altri elementi che via via hanno fatto la fortuna di qualche zona vincola (pensate all’effervescenza dello Champagne, al fruttato dei vini tedeschi, al dolce del Porto) senza però mai riuscire ad imporsi come nuovi parametri di valutazione qualitativa e di valore. 

Consumi di basso livello

Nell’ultimo secolo, il vino-alcol è stato sempre più relegato nella fascia dei consumi di basso livello e ha visto tra i suoi principali artefici due categorie di produttori: gli industriali (in cui, per nostra comodità, includiamo anche i commercianti e le cantine sociali) e gli autoproduttori (ovvero quella miriade di contadini con un fazzoletto di vigna che producono il vino per sé, i propri familiari e pochi clienti-amici).

In termini statistici, il vino-alcol rappresenta ancora la fetta più grande del mercato ma negli ultimi trenta anni lo scenario è mutato radicalmente. Industriali, commercianti e cantine sociali, pur dedicandosi prevalentemente alla fascia bassa del mercato, hanno inevitabilmente investito in tecnologia trasformando radicalmente il proprio prodotto, conferendogli caratteristiche che vanno ben al di là delle istintive richieste della loro clientela. Chi ha memoria gustativa trova oggi nei vini venduti in brick, o nelle dame, o alla spina, caratteristiche organolettiche che negli anni Settanta contribuivano all’eccellenza di alcuni produttori d’avanguardia.

Un salto di qualità apprezzato non da tutti

Questo salto di qualità ha determinato un curioso fenomeno: i consumatori di vino-alcol sono sopravvissuti alla quasi totale sparizione del prodotto che cercano e si trovano “costretti” a bere meglio perché sul mercato di peggio non c’è. A meno che non si rivolgano al variegato mondo degli autoproduttori che forse si è un po’ ridotto in quantità ma non è mutato di una virgola in termini qualitativi. 

Lì l’obiettivo è lo stesso di qualche secolo fa: produrre quanta più uva possibile e ricavarne un vino ben ricco d’alcol. Ed anche le tecniche utilizzate sono sempre le stesse, primordiali, rozze, taccagne, quasi a mutuare la regola che sembra provenire dalla religiosità popolare: il vino è un miracolo ed il miracolo è bello e credibile se si palesa in un contesto di povertà (economica e mentale). 

Lo slogan lo conosciamo benissimo: “Questo vino è fatto con l’uva!”.

Articolo tratto da “RuvidaMente.com”, per gentile concessione dell’autore Stefano Milioni: Le 6 facce del pianeta vino – RuvidaMente by Milioni

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