Ecco quanto ha scritto Angelo Gaja per il quotidiano piemontese La Stampa di domenica 24 novembre.
Le Langhe al bivio e il coraggio di osare. Ma i nostri vini non sono cavalli da tiro. È un errore pretendere che Barolo e Barbaresco trainino l’intera produzione piemontese.
Vorrei offrire il mio contributo al dibattito avviato sulle pagine di questo giornale in merito alle diverse problematiche riguardanti la situazione nell’area Langhe-Roero, concentrandomi esclusivamente sul vino. Il nostro settore sta prendendo atto dei numerosi cambiamenti che hanno già preso avvio. Come affrontarli?
In uno dei suoi discorsi di fine d’anno il Presidente Mattarella suggeriva di «leggere il presente con gli occhi di domani, anziché con gli occhi di ieri». Che va inteso come invito a pensare diversamente, a guardare quello che succede da prospettive differenti, ad avere coraggio e per noi langhetti a sapere osare, come in passato eravamo usi fare e azzardare cambiamenti.
La guerra all’alcol della Comunità Europea
La Commissione presso la Comunità Europea si è pronunciata dichiarando guerra totale all’alcol. Il mondo del vino ha accolto l’iniziativa pronunciandosi fermamente contro l’abuso, a sostegno del consumo moderato e responsabile. Ma a queste parole sagge debbono seguire fatti concreti.
C’è bisogno di buoni esempi: il mondo del vino sa accoglierli. Mi auguro che sia l’Albese a dare l’esempio per primo, restituendo al vino quella dignità che gli spetta. In primo luogo, rinunciando a trascinare il vino in piazza e opponendosi alla sua mescita nei luoghi pubblici, come fosse un’attrattiva in più offerta a turisti per caso, consumatori ignari, impreparati, giovani e meno giovani.
Resta difficile pensare che alla luce della messa al bando dell’alcol dichiarata da Bruxelles si possa bellamente continuare a fare come sempre si è fatto in passato e che non si debbano invece assumere comportamenti responsabili. È l’occasione per recuperare dignità al vino, correggendone gli usi impropri. La mescita del vino in assaggio deve avvenire esclusivamente in luoghi e locali chiusi, predisposti all’accoglienza degli enoappassionati che li frequentano volontariamente, per scelta. Significherebbe acquisire consapevolezza che anche nelle occasioni o eventi nei quali si promuove il vino in assaggio se ne coglie il valore culturale.
Barolo e Barbaresco, i nostri campioni
Barolo e Barbaresco sono i nostri campioni. Sono equiparabili a due cavalli da corsa che, come tali, danno il meglio se fatti gareggiare negli ippodromi. La pretesa di far loro trainare un grande carro addobbato sul quale caricare ogni ben di dio, l’intera produzione piemontese, vini, grappe, birre, carni, salumi, formaggi, frutta, pasticceria, ortaggi, nocciole, castagne… è destinata a trasformarli in cavalli da tiro, con il rischio di snaturarli. Meglio non abusare.
I produttori della nuova generazione sono molto più bravi e preparati di quella precedente.
Hanno capito che, oltre a camminare nel vigneto servono i consulenti in cantina ed occorre dedicarsi attivamente al marketing, che non è una parola sconcia come si credeva in passato, se condotto in modo corretto, perché produrre bene è importante ma poi occorre anche vendere bene. Quando nel 1961 entrai in azienda, gli imbottigliatori di Barolo erano meno di un centinaio e le etichette di Barolo erano meno di un centinaio. Ora gli imbottigliatori di Barolo sono più di 400, ma le etichette di Barolo sono più che quadruplicate di numero. Il mercato diventa più competitivo, cresce la concorrenza, grazie ad essa il vino ne trarrà beneficio con progressivo miglioramento della qualità.
I produttori di nuova generazione hanno il loro bar nei social. Se gli si vuole raccontare cosa aveva fatto per loro la generazione precedente, avviare con loro i dialoghi che si facevano in passato al bar, forse occorre anche inventarsi il modo di andarli a stanare sui social. Dovrebbe essere il Consorzio dei Produttori, che è la loro casa, ad aprire un social a loro destinato, sul quale cercare di avviare il dialogo che manca ormai da troppo tempo.
Paura degli invasori?
Ne cito soltanto due che fanno onore all’albese, giusto ad esempio: Miroslav Lekes, ceco, proprietario di cantina e ristorante a Monforte, che produce ottimo cibo e vini eccellenti; Kyle Krause, arrivato dall’Ohio nel 2016 a comperarsi la perla della cantina Vietti, continuare a tenerla ad alti livelli e produrre nella cantina Serafino (anche sua) uno dei migliori spumanti Alta Langa. Averne di invasori così, e non sono i soli, benvenuti!
Legittimo diffidare del possibile arrivo degli af-Fondi, senza però demonizzarli. L’esercizio di piangersi addosso è utile perché serve ad applicarsi per correggere le devianze, che pure sono evidenti. Però nei numerosi giovani che operano per l’affermazione dei nostri vini intravvedo oggi forte il Dna dei langhetti, siamo in buone mani, lasciamoci sorprendere, sapranno affrontare il futuro con bravura.