A Changes 2024 il tema del valore della comunità e dell’identità dei territori vitivinicoli. Esplorate le percezioni dei proprietari nei confronti degli investimenti esterni al territorio e le loro propensioni rispetto alla vendita e alla tutela del valore della comunità.
Le terre del vino, in Italia come all’estero, sono sempre più oggetto dell’attenzione di investitori, del settore e finanziari, alla ricerca di nuove opportunità di immissione di capitali, acquisizioni e allocazione di risorse.
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha voluto affrontare la tematica nell’edizione 2024 di Changes, momento di dibattito e confronto sui grandi temi legati al mondo del vino e della sua produzione organizzato all’interno di Grandi Langhe, la due giorni di presentazioni e anteprime delle nuove produzioni vinicole di Langhe e Roero.
Langhe (not) for sale
Il tema della giornata “Langhe (not) for sale, l’identità e il valore della comunità”, è stato scelto per esplorare e analizzare questi trend, per valutare il sentiment dei proprietari delle cantine e dei vigneti rispetto all’ipotesi di vendita, o meno, delle proprie aziende. Le Langhe, infatti, così come altre zone d’Italia dove si producono vini di altissimo pregio e qualità, sono sotto i riflettori per l’alto valore simbolico ed economico del loro territorio.
“Abbiamo scelto di concentrarci su questo argomento – spiega Matteo Ascheri, Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – per comprendere, a fronte di dinamiche esogene legate alle valutazioni e ai prezzi dei terreni di pregio per la produzione del vino nelle zone maggiormente vocate del mondo, quali fossero le posizioni dei produttori delle Langhe rispetto agli investimenti, che abbiamo definito esterni al tessuto locale e per approfondire la visione che del nostro territorio hanno gli stessi produttori, in modo da evidenziare i fattori di rischio e le opportunità legati alla cessione, o meno, delle cantine e dei terreni nelle diverse generazioni familiari”.
Questo interesse può rischiare di distorcere il mercato e portare a fenomeni speculativi, in funzione anche del passaggio generazionale. Una situazione che impone, dunque, attenzione per le necessità legate alla tutela del terroir, inteso anche come comunità e alla salvaguardia dell’identità competitiva.
Il convegno
Il convegno ha preso le mosse da un intervento di Bruno Bertero, Presidente dell’ATL Langhe, Monferrato e Roero che ha inquadrato i fattori di contesto e gli andamenti dello sviluppo del “brand” Langhe anche a livello turistico e dalla presentazione della ricerca “Langhe (NOT) for Sale”, svolta dal Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (CERISVICO) dell’Università Cattolica di Milano e Brescia e coordinata dalla professoressa Maura Pozzi e dal ricercatore Adriano Mauro Ellena.
Lo studio è stato condotto in tre fasi: una survey qualitativa e quantitativa ha inizialmente connotato la figura dei “Grandi Investitori Esterni (GIE)” rispetto a due cluster: le generazioni Junior (minori di 40 anni) e Senior nelle imprese vitivinicole familiari delle Langhe. A seguire, si è proceduto, mediante focus group, ad approfondire la visione e l’identità del territorio langarolo per evidenziare quali siano i fattori che limitano o ostacolano l’ipotesi di vendita delle aziende. Infine, la somministrazione di un questionario ha inteso verificare le connessioni e le interrelazioni tra i fattori emersi nelle fasi precedenti e le propensioni alla vendita.
Le posizioni dei produttori Junior e Senior
I risultati emersi mostrano come la tematica sia vissuta in maniera diversa dalle diverse generazioni familiari. Gli Junior considerano gli investitori in un’ottica complessa e strutturata – non monolitica, ma differenziata rispetto alle varie tipologie (fondi di investimento, multinazionali, grandi gruppi, singoli investitori) – portatori di progetti industriali e forti dotazioni di capitali. I Senior, al contrario, hanno una visione più univoca degli investitori “esterni” che operano a fini speculativi e mossi da pure logiche di tendenza e di finanza. Per entrambi i cluster si attivano processi psicologici differenti a seconda che gli investitori appartengano, o meno, al settore vitivinicolo.
Particolarmente interessante è, fuori da quelli che possono essere considerati degli stereotipi, la posizione rispetto alla vendita dell’azienda degli Junior che la considerano come una questione comunitaria cioè che incide sul patrimonio identitario e valoriale del territorio e per questo va ponderata e valutata in un’ottica collettiva e di forte attaccamento alle radici delle Langhe. I Senior ne fanno, invece, una questione aziendale perché in essa si identificano al punto tale da connettere la vendita dell’azienda alla vendita di parte di sé.
La tavola rotonda
Il tema è stato approfondito, nella tavola rotonda condotta dalla giornalista Valeria Ciardiello, oltre che dal Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani Matteo Ascheri, anche da Massimo Romani, Amministratore Delegato di ARGEA, da Francesco Mulargiu, dell’Associazione Vini Mamoiada, e da Massimiliano Cattozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo.
“Non è possibile pensare a uno sviluppo e una crescita – ha detto Matteo Ascheri – che non passi da un mantenimento dei valori distintivi e della qualità che hanno reso le Langhe, nel corso dei decenni, un’eccellenza. Se penso al domani immagino più che una crescita, in termini di produzione, un incremento della qualità, fatta dalle persone, dalle cantine e dai valori. Non è possibile fare paragoni con altri territori in termini di modello di sviluppo. Contano le persone, le loro tradizioni e le loro storie. È questo il patrimonio che dobbiamo passare alle future generazioni per poter garantire loro un domani di prosperità”.
Il fenomeno degli investimenti esterni
Il fenomeno degli investimenti esterni va dunque monitorato e deve essere fornito, come ha sottolineato Massimiliano Cattozzi di Banca Intesa, un supporto adeguato alle aziende e ai loro proprietari che si trovino ad affrontare nuovi investimenti o a valutare la cessione della propria attività.
“Il modello che riteniamo vincente – ha dichiarato Massimo Romani – è quello di un corretto mix fra investimenti esterni, fatti però nella logica di continuità, e di un coinvolgimento diretto delle ex proprietà e un tessuto di aziende, spesso famigliari, che mantengano inalterato il tessuto sociale e di valori. Una convivenza di anime che possono garantire il miglior futuro ai territori”.
L’esperienza di Mamoiada in Sardegna
Territori anche di dimensioni e capacità produttive diverse come quello di Mamoiada nel nuorese “Solo dal 2000 abbiamo iniziato l’imbottigliamento dei nostri vini e oggi la nostra associazione conta 40 produttori che hanno sottoscritto un disciplinare di tutela – ha dichiarato Francesco Mulargiu – per valorizzare il prodotto e il lavoro di chi ha scelto di promuovere la nostra realtà. In questo ci sentiamo un po’ simili, con i debiti paragoni, alle Langhe, perché la passione e l’attaccamento al nostro tessuto sociale è lo stesso che ho trovato visitando le cantine langarole e quello che penso sia il plus che alla fine fa la differenza anche nel vino e nel modo di raccontarlo e viverlo”.
Le opportunità della finanza d’impresa
Valorizzare e salvaguardare l’identità territoriale per mantenere un patrimonio unico e distintivo della cultura contadina e imprenditoriale. “Per noi è motivo di orgoglio contribuire alle riflessioni avviate – ha detto nel suo intervento Massimiliano Cattozzi, responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo – che hanno a cuore le Langhe e le proprie produzioni di indiscussa eccellenza, vanto per il nostro Paese. Una riflessione sul futuro di questo territorio che attraverso la Direzione Agribusiness, rete nazionale dedicata da Intesa Sanpaolo all’agricoltura e interlocutore qualificato per il settore, si può concretizzare in una consulenza mirata anche in merito al ruolo che le nuove generazioni del vino devono assumere per rispettare le tradizioni e cogliere le opportunità della finanza d’impresa tra transizione digitale, ecologica e di sostenibilità del business”.
568 aziende vitivinicole associate, 10 mila gli ettari di vigneti delle denominazioni tutelate così suddivisi: Barolo 2214 ettari; Barbaresco 812; Dogliani 761; Diano d’Alba 209; Barbera d’Alba 1672; Nebbiolo d’Alba 1125; Dolcetto d’Alba 927; Langhe 2396 ettari (di cui 939 Langhe Nebbiolo). 66 milioni di bottiglie prodotte. Sono nove le denominazioni tutelate (Barolo, Barbaresco, Dogliani, Dolcetto di Diano d’Alba, Barbera d’Alba, Langhe, Dolcetto d’Alba, Nebbiolo d’Alba, Verduno Pelaverga).
250 aziende vitivinicole associate, 1300 ettari di vigneti, 7,5 milioni di bottiglie. Una denominazione tutelata che si esprime in 5 tipologie (Roero Bianco, Roero Bianco Riserva, Roero Rosso e Roero Rosso Riserva e Roero Spumante).