Oggi Stefano Milioni spiega i segreti degli approvvigionamenti e della conservazione del grano nell’antica Roma. Ci porta così a scoprire l’origine della pasta.
Abbiamo visto nella puntata precedente, come Roma avesse raggiunto il milione e mezzo di abitanti. Sfamare una popolazione di quella portata presentava problemi giganteschi.
Il territorio circostante, infatti, non poteva in nessun modo produrre a sufficienza cibi per tutta la popolazione. Quel poco che veniva prodotto non aveva mercato, perché, grazie all’espansione politica e militare dell’Impero romano, le merci che arrivavano dai paesi conquistati avevano un prezzo molto più basso di quelle prodotte in loco.

Per risolvere questo problema, era stato messo in piedi un sistema di approvvigionamenti garantito, prima dalle regioni italiane (nel 70 a.C. la Sicilia produceva oltre 250 milioni di kg di grano), poi – dopo la loro conquista – dalle terre del Nord Africa.
Ai tempi di Augusto, per l’alimentazione di residenti di Roma si importavano mediamente dall’Egitto 135 milioni di Kg di grano, 175 milioni dal Nord Africa, 40 milioni dalla Sicilia, e poi quantitativi minori dalla Sardegna, dalla Siria e dalle Spagna, per un totale almeno di 350 milioni di Kg. E per questi approvvigionamenti veniva impiegata stabilmente una flotta di 300 navi.
Come conservare tutto quel grano
Ma, nonostante la disponibilità di questi mercati e l’organizzazione dei trasporti, capitava spesso che il grano venisse a mancare. Questo era determinato in primo luogo dalle frequenti carestie, poi dalla perdita delle navi durante il tragitto verso Roma. Ma il problema più grave era quello creato dalla conservazione di così grandi quantità di grano.

Possiamo immaginare quali potessero essere le condizioni igieniche dei magazzini di allora, in tempi in cui non esistevano prodotti chimici o altre tecniche per difendere le merci dagli animali, dagli insetti e dai parassiti. Giusto per farci un’idea dell’entità del problema possiamo ricordare che nel 62 a.C. Nerone fu obbligato a far gettare nel Tevere tutti i cereali ammassati nei granai di Roma perché erano talmente infestati da parassiti che era impossibile utilizzarli per l’alimentazione.
Eliminare insetti e parassiti
La maggior parte di questo grano, ogni mese veniva distribuito gratuitamente, o a prezzo ridotto, alle fasce più povere della popolazione che per prima cosa si poneva il problema di eliminare insetti e parassiti.

Esistevano due tecniche: la prima consisteva nell’abbrustolire i cereali, la seconda nel macinarli immediatamente. Nel primo caso era il calore a fermare la proliferazione dei parassiti, nel secondo l’azione meccanica della macinatura.
Con i cereali abbrustoliti, si ricavavano poi delle farine con le quali si cucinava una specie di polenta. Con la farina, invece, preparavano pane e focacce. Il problema della farina, però, era che l’effetto di neutralizzazione di insetti e parassiti era solo momentaneo. Oltre all’attacco di altri parassiti, sempre in agguato, si aggiungeva il rischio di deperimento dovuto all’umidità ed alla creazione di muffe.
Le origini della pasta
Per ovviare a questo nuovo rischio esistevano due tecniche; la prima consisteva nel ricuocere nel forno il pane e le focacce, facendone un “biscotto“, un prodotto di facile e buona conservazione. La seconda nell’impastare a lungo la farina con acqua, stenderla in fogli sottili e lasciarla essiccare. Il prodotto così ricavato, la prima pasta della storia, poteva essere conservato a lungo (anche un anno) e veniva consumato unendolo a zuppe di verdura, le famose pultes.
Ecco quindi che le origini della pasta ci appaiono sotto una luce meno straordinaria e nobile di quella che vorremmo: si tratta di un prodotto povero, umile, inventato per preservare il prodotto base dell’alimentazione da un facile deperimento, e per garantirsi una riserva di cibo nell’eventualità che potesse saltare la distribuzione successiva di grano, a causa di una carestia, di una burrasca che aveva impedito alle navi di raggiugere il porto di Roma, di una infestazione più grave delle altre nei depositi di grano.
Liberamente tratto da “RuvidaMente.com”, per gentile concessione dell’autore.