Possiamo definire SantoPalato una trattoria “di nuova generazione” dove la tradizione fa da cardine e da spunto per dare mano libera al tratto della chef Sarah Cicolini.
SantoPalato è il prototipo della trattoria di nuova generazione. Una trattoria “pop” che dagli arredi sembra saltata fuori direttamente dalla macchina del tempo che ti risucchia negli anni Sessanta. Siamo nel quartiere San Giovanni, nel cuore di Roma. This must be Trattoria recita lo slogan.
SantoPalato ha aperto nel 2017 e la chef e proprietaria Sarah Cicolini, abruzzese ma romana di adozione, lo chiama così in tributo alla Taverna del Santopalato che fu covo del movimento futurista di Torino nel 1931. Sarah con una mano tiene salde e con orgoglio il bagaglio del bel mondo antico e con l’altra mano gioca con la leggerezza dello stile veloce e contemporaneo.
Arredi semplici quindi, manifesti di pieno stile pop art che fanno venire in mente quelli di Depero ma con tema gastronomico romano.
Lo stile retrò però si ferma ai tavoli e alla lavagna del menù perchè in tavola arrivano piatti, sì di tradizione, ma assolutamente contemporanei per tecnica e gusto.
Entrando l’apparecchiatura è spartana ma ordinata. Il servizio è frizzante, giovane e gentile. Tutto strizza l’occhio alla comunicazione che è efficacissima, “social oriented”. Belle le magliette e le felpe con le scritte stile università americana ma dedicate alla Carbonara e alla Amatriciana.
La cucina è precisa, al passo con le stagioni e con un occhio di riguardo al quinto quarto, ai piatti regionali del centro italia e un posto d’onore è ovviamente lasciato ai classici romani. La cantina è snella e dai ricarichi onesti. La scelta è misurata ma consente di bere una buona bottiglia in abbinamento ai piatti del menù, anche quelli dagli accostamenti un po’ più osé.
Imperdibile la frittata con le rigaje di pollo e le polpette con levistico e cacao tra gli antipasti, ma anche il fegato marinato, burro e scalogno in un misto di dolce/acido in perfetto equilibrio. Tra i primi una delle carbonare più buone della città. Fatta coi rigatoni, il guanciale tagliato a striscioline dalla consistenza giustamente croccante e la crema di uovo densa quanto basta per avviluppare il boccone. Grassa e godereccia.
La trippa succosa e morbida, profumata di menta l’ho presa come secondo.
La ciliegina sulla torta però, non me ne vogliate, è stata il dolce. Ho assaggiato una brioche – simil maritozzo – soffice come una nuvola, farcita con una crema chantilly dalla dolcezza garbata e quasi evanescente tanto da non far pesare il peccatuccio di fine pasto.
Possiamo definirla quindi una trattoria “di nuova generazione” dove la tradizione fa da cardine e da spunto ma per dare libera mano al tratto della chef che fa divertire dall’inizio alla fine. Il conto è di circa 45 euro dall’antipasto al dolce (vino a parte).