All’Osteria del treno di Milano, ovviamente vicino alla stazione centrale, comandano ancora le vecchie tradizioni culinarie lombarde: la proposta delle ricette tradizionali è completa e appetitosa.
Il vantaggio di discendere da un padre e una nonna di Como è quello di poter dare del “meridionale” a un milanese. Anche se Como fu abbandonata dalla mia famiglia per la Toscana, qualche concetto di cucina comasca e lombarda è pervenuto fino a me, rendendo familiari i mondeghili, la busecca, l’ossobuco su risotto alla milanese, il rostin negàa e creando addirittura una leggenda intorno ai misultitt.
In effetti per tutti gli altri piatti era possibile una replica anche fuori dal loro territorio di origine, non c’erano misteri. I misultitt invece erano disponibili solo sul posto, irraggiungibili in Toscana. Mio padre li nominava in continuazione, ma non era dato di poterli assaggiare: un oggetto misterioso. Quando li ho trovati, proposti come “taglierini ai missoltin di lago”, all’Osteria del Treno di Milano, mi ci sono letteralmente tuffato e li ho goduti con grande soddisfazione.
Un’esplosione di sapori
Una piacevole esplosione di sapori sapidi, profumi di foglie ed erbe di lago con umami ben in evidenza. La proposta con il tagliolino ne completa la complessità aromatica e assorbe gli eccessi salmastri. Li ho immediatamente associati alla colatura di alici di Cetara, ma subito è sorto il dubbio esistenziale: perché la colatura è assurta a fama mondiale, è disponibile ovunque e in ogni periodo dell’anno ed è ricercata e proposta da chef di grido, mentre i misultitt, un prodotto altrettanto sapido e gustoso, d’acqua dolce anziché di mare, ma questo significa poco, sono praticamente sconosciuti fuori dai confini lombardi oltre ad essere reperibili con difficoltà e solo in periodi ristretti dell’anno?
Cosa sono questi misultitt? (o misoltini)
Si tratta semplicemente degli agoni o sardelle di lago che si pescano in buone quantità nei mesi di maggio e giugno nelle acque gelide del lago di Como. Quantità che permettono una lunga conservazione attraverso la pulitura, l’essiccazione all’aria (naturale o forzata), e successiva salatura. Dopo di che vengono disposti a strati, con foglie d’alloro, in barili di legno o di latta in modo da poterli conservare a lungo: questi contenitori, detti appunto ‘missolte’, vengono chiusi con un coperchio sul quale vanno posti dei pesi, in modo che i pesci, pressati, emettano un olio che contribuisce alla loro perfetta conservazione. Misultitt è la versione comasca del nome misoltini e la ricetta più comune prevede che vengano scottati in maniera rapida sulla brace e serviti con polenta. Oggi, nell’era dell’e-commerce selvaggio, si possono trovare anche online conservati, ma in quantità minime e quasi in segreto, niente a che vedere insomma con il fenomeno “colatura di alici” che ha invaso il mondo dei gourmet.
Torniamo all’Osteria del treno
Al di là di queste considerazioni, grandi lodi all’Osteria del Treno che li propone stagionalmente in carta. Il locale è un’icona per chi segue fin dalla prima ora l’operato del movimento SlowFood. Ricordo gli anni ’90 per due classici. Allora ogni Vinitaly era preceduto da un ritrovo Slow, la sera precedente l’apertura della fiera, all’Ochina Bianca di Mantova. Mentre per le soste a Milano era di rigore una visita all’Osteria del Treno. Purtroppo la prima è stata ceduta, mentre la seconda gode fortunatamente di ottima salute.
Siamo nei locali di un ex dopolavoro dei macchinisti della ferrovia e l’atmosfera è quella di una Milano di un tempo. Il decoro della Società di mutuo soccorso dei ferrovieri, fondata nel 1877, si respira nelle sale e nell’affascinante salone liberty: la sensazione che ne deriva è quella di un comfort rassicurante, avvolgente e tranquillo che mette a proprio agio senza la freddezza di eccessi formali.
La famiglia Bissolotti al timone da tre decenni
L’Osteria è gestita da più di trent’anni dalla famiglia Bissolotti all’insegna del motto “sempre più osteria” e l’attenzione alla qualità delle materie prime è sempre assoluta. Dei misultitt abbiamo già detto, ma la proposta delle ricette tradizionali è completa e appetitosa.
Mondeghili croccanti e saporiti, nervetti, risotto giallo con midollo e ossobuco in gremolada ineccepibili, cassoeûla da manuale. Per chi ha nostalgia di certi sapori la scelta è impegnativa. Se a questo si aggiunge un’offerta ampia e ragionata di salumi e formaggi artigianali, il rischio è quello di andare in over dose. Non ho saputo rinunciare a un assaggio di Cappuccino del Magut (crema di robiola di Pandino), di Salva cremasco a latte crudo e ad un Vezzena d’alpeggio.
Piatti d’osteria e piatti del giorno
L’offerta prevede un menù pranzo veloce con “piatti d’osteria”, accompagnati da “piatti del giorno” che variano quotidianamente con la stagione ed il mercato. Menù cena e fine settimana, più completo, sempre modellato sulla disponibilità del mercato.
La carta dei vini in un’osteria del genere non può che essere popolata da piccoli produttori da tutt’Italia, spesso biologici e biodinamici. Prezzi abbordabili e una qualità sempre controllata a dimostrazione che si può sempre bere bene senza accendere mutui. Molto divertenti le proposte di Oltrepò, della Valtellina e soprattutto del Piemonte lato Spanna: Bramaterra, Gattinara, Ghemme, Sizzano.
Alla fine, grazie anche ad un servizio accogliente e discreto, si lascia il locale con una sensazione rassicurante di benessere e con la voglia di ritornare.