Immerso nella natura, tra Perugia e Gubbio, la tenuta Borgo Santa Cecilia racconta il lato selvaggio dell’Umbria con un’azienda agricola, un resort e un ristorante.
Un’essenza umana si dispiega in parallelo alla quotidianità, nell’entroterra della provincia di Perugia, a breve distanza da Gubbio, nascosta tra le colline agghindate da boschi e radure. Un contesto in cui l’uomo con la natura ci convive bene: il Borgo Santa Cecilia è lo specchio di un’Umbria che esiste ancora e che a noi umbri resta così fortemente familiare che non vorresti più andartene.
Il Borgo
I due proprietari del borgo, Giuseppe Onorato e Serena Sebastiani, devono aver provato le stesse sensazioni quando decisero di trasferirsi qui. Siamo in alta collina, 650 metri di altitudine, intorno solo 200 ettari di bosco e 120 coltivati. Questa non è campagna, è selva, è il Borgo Selvaggio.
Il Borgo Selvaggio è il titolo della rassegna di tre appuntamenti gastronomici, a tema selvaggina e allevamento brado, che si sono tenuti a Borgo Santa Cecilia. Con la collaborazione di alcuni degli chef de Les Collectionneurs, community di ristoratori, albergatori e viaggiatori, fondata da Alain Ducasse della quale anche Borgo Santa Cecilia fa parte, si sono tenuti tre pranzi “a quattro mani”. Gli incontri hanno coinvolto il resident chef Alessio Pierini e, in sequenza, chef Sara Scarsella e Matteo Compagnucci di Sintesi*, chef Roberto Allocca di Marennà, chef Daniele Usai de Il Tino*, che per una giornata si sono vestiti da “domatori di fuoco”.
Una cantina di affinamento dei salumi
Prima di ogni pranzo Giuseppe e Sabrina mostrano con orgoglio la cantina di affinamento dei salumi di propria produzione: coppa di testa, pancetta arrotolata di maiale, salame di maiale, capocollo, lonzino, salame e salsiccia di cinghiale e prosciutto stagionato 5 anni sono i protagonisti di questa boutique. La memoria dei gusti di un tempo è inevitabilmente evocata, e la competenza profonda nella preparazione di ogni singolo prodotto si rivela ad ogni assaggio. C’è del sentimento nello sguardo di Mario, altro personaggio del Borgo, mentre mi spiega come funziona oggi il suo mondo, quello della caccia: “Facciamo parte di un Consorzio di più aziende faunistiche venatorie, che rappresenta circa il 60% del totale delle aziende. Questo ci dà la possibilità di condividere una parte di filiera come ad esempio la lavorazione della carne, e di abbattere i costi, diventando più competitivi”.
Ospite: Roberto Allocco del ristorante Marennà
Nel frattempo in cucina, con Alessio Pierini e Roberto Allocco, gli Chef del secondo appuntamento, è iniziato il gioco di fuochi e profumi. Il tema è il bosco e le proposte si susseguono con un interessante alternanza misto e vegetariano sia nell’entrée di Tacos ai funghi e guanciale, proposto dal Marennà, sia in quello del Borgo, una crescia mischiata di granoturco, tonno di coniglio e peperoni conci. Nel piatto centrale, “zucca e cavolo riccio” per il padrone di casa e “quaglia alla brace laccata al garum di manzo, patate sotto la cenere ed erbe spontanee” per l’ospite, si è evidenziata la capacità di Alessio nel valorizzare il vegetale, confermato anche nella portata successiva, il Ramen di Bosco, e l’abilità di Roberto nell’accostamento di sapori con il “capriolo, shuyu al caffè, funghi e salsa ai frutti di bosco”. Belle anche le sottili contaminazioni orientali che si trovano nelle proposte di entrambi.
Lato vino la proposta si muove tra il locale e l’internazionale, ma non scontato. Ci sono 150 referenze in carta, tutte scelte da Giuseppe che si occupa anche di guidare l’ospite verso la migliore scelta possibile. I vini della seconda serata sono stati ovviamente quelli della cantina Feudi di San Gregorio (dove si trova il ristorante Marennà) iniziando con un Dubl Esse metodo classico bianco 2015 e rosé 2014, che hanno accompagnato i salumi e l’entrée, il Campanaro Irpinia Doc bianco, il Serpico Irpinia Aglianico Doc 2015, per finire con il Guillelmus Taurasi Riserva Docg 2015.