Un piatto di pasta considerato tipico della cucina romana ma che in realtà ha origine abruzzese-laziale, nel paese di Amatrice, da cui porta due ingredienti fondamentali: guanciale e pecorino.
Amatrice è, ma forse purtroppo dopo un terribile terremoto era, in buona parte un borgo medioevale. Fino al 1927, quanto Mussolini decise che il Lazio, regione di Roma, dovesse diventare più grande, faceva parte dell’Abruzzo. Era al confine con le Marche, che iniziano dopo Illica e Accumoli, qualche chilometro più ad est, e non distante da quello che allora era il confine fra le province di Terni e de L’Aquila, quindi Umbria e Abruzzo.
Un vero melting pot appenninico, dove diverse tradizioni s’incontravano e dove c’era il contatto fra la tradizione abruzzese e napoletana, per via del Regno delle Due Sicilie, che arrivava fi lì, e lo Stato Pontificio. Prima di allora, nell’Alto Medioevo, fra i domini ecclesiastici ed ex bizantini e quelli longobardi e poi franchi.
I “matriciani” sono figli di quel mondo, alcuni di loro “emigrarono” verso Roma e diventarono osti, portando nell’Urbe i loro piatti, soprattutto il guanciale e il pecorino, vere gemme gastronomiche di quei posti. Del resto, maiali e pecore sono gli allevamenti più logici e tradizionali della cultura delle genti appenniniche dell’Italia Centrale, dove non esistono vaste pianure per i bovini.
Poi però in ambito urbano quelle tradizioni sono state modificate. Aggiungere il pomodoro non era così tipico ad Amatrice, che è in montagna, e anche usare i bucatini, una pasta che viene probabilmente dalla Sicilia magari per via di qualche cuoco “vagante” che era arrivato a Roma. Però ad Amatrice parlano di spaghetti, tutt’al più spaghettoni, mai di bucatini. Ed è più facile trovare sughi chiari e non salse di pomodoro molto cariche.
La gricia però, che sarebbe la matriciana in bianco, non deriva necessariamente da lì. I “grici” a Roma erano i salumieri, quelli che erano arrivati nel Seicento o giù di lì dal Cantone dei Grigioni, dalla Valtellina, ed erano chiamati “grici” per quello. Per fare carne secca, soprattutto, che era amatissima dalla comunità ebraica. La bresaola dell’epoca, insomma, con carne di manzo e non di maiale.
Questo è ciò che precede la “matriciana” (come si dice a Roma), che è sicuramente ispirata dagli amatriciani ma che poi ha avuto diverse commistioni come vedete. Certo, rispetto alla “carbonara”, piatto recente, un po’ apolide, e senza una tradizione precisa, qui siamo su un altro piano. Si può discutere eventualmente sul tipo di pasta (non i bucatini, vi prego), se spaghetti, spaghettoni, persino mezze maniche, che prendono bene il sugo. Ma non sul guanciale, che qui è obbligatorio, non sul pecorino di Amatrice, poi si può discutere su quanto pomodoro sia o meno da usare. Ma una tradizione c’è, se vogliamo interpretabile, ma con alcuni benchmark precisi.
Poi il mio vecchio amico Pietro Micara, mitico oste frascatano che ci lasciò una ventina di anni fa, mi insegnò un trucco. Il guanciale non va cotto tutto con il pomodoro “sinnò te se lessa” diceva. Allora un po’ dopo averlo fatto andare in padella, senza altro che il suo grasso, che in parte andava pure tolto, lo toglieva, lasciandolo croccante, e lo metteva solo dopo avere impiattato, dando croccantezza al piatto. Una cosa del genere me la disse anni dopo, per tutt’altra ricetta, Ferran Adrià. Consistenze, temperature, equilibri, fanno parte di una cucina evoluta, sono i chiaroscuri. La “matriciana” di Pietro Micara era straordinaria, ricca ed elegante, e io provo a farla ancora così.
Curiosità:
Dal 6 marzo 2020 l’Amatriciana è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dell’Unione europea.
Nella ricetta dell’amatriciana tradizionale STG, il sugo è composto da guanciale di Amatrice De.Co. (denominazione comunale d’origine) soffritto e sfumato con vino bianco secco, pomodoro San Marzano o, in alternativa, pomodoro pelato di qualità, formaggio pecorino di Amatrice De.Co. (proveniente dai Monti Sibillini o dai Monti della Laga), olio extravergine di oliva, peperoncino fresco o essiccato, sale e pepe. Come formato di pasta da condire per la ricetta dell’amatriciana tradizionale STG di Amatrice occorre rigorosamente usare quello degli spaghetti.