Conoscere la giusta temperatura di servizio di un vino non è solo una questione di “bella figura”. La temperatura influenza il modo in cui le caratteristiche organolettiche di quel determinato vino vengono percepite.
Quello delle temperature di servizio del vino è un argomento, secondo me, poco trattato e molto più importante di quanto si creda. Inizio con un piccolo racconto esemplificativo. Giorgio Grai, che è stato un famoso winemaker altoatesino e un produttore di vini, fu invitato da un ristoratore a presentarne due in una serata organizzata per lui. Un Santa Maddalena e un Pinot Nero. Per motivi atmosferici non riuscì ad andare, spedì i vini ma arrivò soltanto uno dei due vini, si era sbagliato a mandarli, ed era il Santa Maddalena. Il ristoratore preoccupatissimo gli telefonò e lui gli rispose di stare calmo. “Usa due bicchieri diversi, uno più grande, nel più piccolo servi il vino un po’ più fresco. Alla fine, il primo sembrerà un Santa Maddalena, come in realtà è, e il secondo sarà un Pinot Nero. Non se ne accorgerà nessuno che non è così.” Le cose ovviamente andarono come aveva previsto.
In Francia spesso ci dicono che noi italiani beviamo i vini rossi troppo caldi e i vini bianchi troppo freddi, altra cosa abbastanza vera. In molti ristoranti la “temperatura ambiente” non è quella della cantina, come dovrebbe essere, ma quella della sala da pranzo, almeno dieci gradi in più. Tutto questo incide, proprio come sosteneva Grai, sulla percezione dei vini. In soldoni, il freddo esalta l’acidità e fa sembrare più duri i tannini. Il caldo esalta alcolicità e morbidezza. Il gelo anestetizza le papille gustative, perciò bere, ad esempio, uno Champagne troppo freddo vuol dire non sentirne le caratteristiche organolettiche.
Poi ci sono le questioni legate agli abbinamenti. Un vino troppo freddo con un cibo molto caldo non è per niente consigliabile, a meno che non si voglia fare una “doccia scozzese” alla lingua e al palato. E via così.
Ma quali sarebbero le temperature consigliabili? Uno spumante mai sotto i 6 gradi. Un bianco tra i 10 e i 14 gradi a seconda della sua complessità. Un orange intorno ai 14-16 gradi, perché c’è tannino che va un po’ ammorbidito. Un rosso leggero tra i 14 e i 16 gradi (in Borgogna servono a quella temperatura la maggior parte dei vini). Non più di 20 gradi per un rosso. Fra i 6 e i 10 gradi per i vini dolci, un po’ di più per i vini “ossidativi” tipo Marsala. Più c’è espressività e complessità olfattiva più la temperatura di servizio può salire. Poi bisogna fare attenzione all’alcolicità, che determina sensazioni pseudo caloriche. Se un vino è molto alcolico è bene servirlo un po’ più fresco. Un rosso importante a 16-18 gradi, non di più, ad esempio.
Ciò che è necessario esaltare è il corretto rapporto fra durezza e morbidezza, fra acidità e corpo, e la migliore espressione olfattiva possibile in relazione alle diverse tipologie dei vini. Certo, poi si può giocare, come fece Grai quella volta, e sono sicuro che in degustazione cieca un solo vino servito in successione a diverse temperature non verrebbe facilmente riconosciuto come tale. Provateci e vedrete.