Senza assolutamente sottovalutare il problema, il rischio è che ci sia una sorta di accanimento nella medicalizzazione degli stili di vita, che stavolta colpisce il vino, ma che potrebbe coinvolgere in futuro molti altri aspetti.
L’assunzione di bevande alcoliche è responsabile di circa il 4% dei casi di cancro nel mondo e il 14% di questi colpiscono anche i cosiddetti bevitori moderati. Il dato è inconfutabile ed è stato ripetuto molte volte negli ultimi tempi per commentare la decisione dell’Irlanda, prima e unica per ora in Europa, che imporrà di scrivere sulle etichette degli alcolici la dizione “nuoce gravemente alla salute” che già esiste per i tabacchi.
Se però proviamo a leggere quei dati in un altro modo se ne ricava che il 96% dei casi di cancro non è dovuto all’alcol, che soltanto lo 0,56% riguarda i bevitori moderati e che quindi il 99,44% dei casi di tumori non li riguarda. È un semplice cambio di prospettiva lasciando i dati così come sono, nient’altro, ma la musica sembra molto diversa.
Vi do qualche altro dato. Nel 1986 in Italia il consumo di vino era di 68 litri pro capite, oggi è intorno ai 37. La produzione era di 77 milioni di ettolitri e nel 2022 intorno ai 45. Questo vuol dire che senza leggi particolari tese alla limitazione dei consumi, la popolazione sembra essersi autoregolamentata per motivi vari, dalle diete all’uso di bevande diverse.
Tutto questo non vuole affatto dire che l’alcol faccia bene, sia chiaro. Ma solo che un uso moderato di bevande alcoliche, e di vino in particolare, rappresenta un rischio altrettanto moderato e ha persino alcuni aspetti positivi. Il vino, infatti, non è solo alcol. Per l’80% almeno è acqua, poi ci sono i polifenoli, gli acidi organici, le mannoproteine. Dal punto di vista culturale fa parte della tradizione dei popoli mediterranei da millenni.
Se oggi mettessimo insieme tutti i vigneti italiani questi coprirebbero una superficie superiore a quella della Liguria, sono circa 6.000 Kmq, e ciò significa che la viticoltura è parte integrante e caratterizzante dei nostri paesaggi e dei nostri territori.
La produzione di vino coinvolge a vario titolo circa un milione di persone e molti produttori sono anche quelli che si prendono carico della manutenzione di muretti a secco, di strade di campagna, di canali di scolo per le acque piovane, e dove ci sono vigneti ci sono meno frane e smottamenti.
Certo, il vino è la mia passione, è il mio lavoro, ma qui sto fornendo dati e facendo ragionamenti, non difese d’ufficio. E qualche domanda, tornando ai casi di cancro collegati al consumo moderato, me la farei. Ma quello 0,56% di persone (il 14% del 4%), che comunque non deve essere sottovalutato, per carità, sono state colpite dal cancro solo per il consumo moderato di bevande alcoliche? Ci sono anche delle concause? Vivono in grandi città con l’aria inquinata? Sono forti fumatori? Sono sovrappeso? Hanno altre forme di patologie? Magari no. Ma porsi alcune domande per cercare di capire quanto sia grave il problema e se per caso non ci sia una sorta di accanimento nella medicalizzazione degli stili di vita, che stavolta colpisce il vino, ma che potrebbe coinvolgere in futuro molti altri aspetti, mi sembra una cosa legittima.
E questo, ripeto, non significa affatto sottovalutare i problemi legati all’abuso di alcol, ma solo sostenere che tra abuso e uso moderato c’è una bella differenza, e solo affrontando non ideologicamente un problema, per molti versi serissimo, si può tentare di comprenderlo profondamente.
Chiudo raccontandovi un fatto personale. Mio padre ha 100 anni e sei mesi, da quando ne aveva quindici beve almeno un bicchiere di vino al giorno. È un bevitore moderato, quindi, sta ancora piuttosto bene, non ha mai avuto tumori ed evidentemente a lui quel po’ di vino ha dato solo felicità.