Come uno bianco che canta il blues, il Soave Classico Superiore Bucciato 2022 di Ca’ Rugate è un vino originalissimo, che ricorda i bianchi di una volta, ma con grande perizia tecnica.
La mia personale esperienza con i vini bianchi fermentati “sulle bucce” parte dai ricordi di un Marino che dal 1974 era vinificato così. Lo faceva Paola Di Mauro a Colle Picchioni, vicino a Frattocchie, all’inizio dei Colli Albani, a venti chilometri a sud est di Roma. Era l’ultimo dei vini arcaici, davvero antichi, e il primo di un modo moderno, oggi diremmo 2 o 4.0, per interpretare quel mondo.
All’epoca tutti i bianchi erano un po’ orange, perché non esistevano le presse orizzontali, e tutto si faceva con i torchi, che fatalmente determinavano un contatto con le bucce. Poi si svinava, e si doveva interpretare in qualche modo come e cosa si poteva ottenere. Bene, il Marino di Colle Picchioni era davvero notevole. Sapido, corposo, persino un po’ tannico. Oggi farebbe andare in visibilio molti appassionati dei vini cosiddetti “naturali”, forse perché lo era ante litteram. Poi tante cose sono cambiate.
Però ho di recente assaggiato un vino che mi ha ricordato quei tempi. Non si può definire “orange”, forse è “gold” in tutti i sensi, Si tratta del Soave Classico Superiore Bucciato 2022 di Ca’ Rugate. Davvero un vino originalissimo. Colore oro antico, con profumi di nespola e un po’ di albicocca, e con un sapore salino, caldo e molto persistente. Mi sono cucinato degli spaghettoni cacio e pepe e ci stava da dio. Uno splendido bianco che canta il blues, come Joe Cocker. Costicchia, ma ne vale la pena.
4 commenti
Come per i farmaci, per questi vini c.d. naturali sarebbe bene che chi li propone al tavolo esponesse il bugiardino. Attenti: è un vino ossidato. I bianchi di una volta erano una scommessa da roulette russa: se venivano bene, era un bel bere, ma se il vento girava storto era meglio rimettere il tutto nel bidone per l’aceto. Non ho mai bevuto il vino recensito. Trovo comunque molto corretto avere spiegato di che si tratta in modo da lasciare ‘liberi di scegliere’.
Sinceramente dal punto di vista giuridico la terminologia ‘vino naturale’ mi sembra poco felice e poco corretta. Il vino biologico è disciplinato dalle disposizioni comunitarie: perché sottrarsi ai relativi controlli? Non è una forma di concorrenza sleale? La formula anglosassone di ‘agricoltura organica’ mi sembra più realistica e corretta. Mah.
Ho citato il termine “naturale” tra virgolette, infatti.
Poi non ho definito “naturale” questo vino.
Infatti non mi riferivo a Lei, Direttore, ma alla corrente di pensiero nella quale sono compresi i vini c.d. orange.
Detta corrente ha sufficienti addentellati da influenzare perfino l’infelice servizio di Report nella parte in cui criminalizza i lieviti selezionati, accomunandone l’uso ad episodi di frodi a rilievo penale.
Del resto la simpatica autrice del servizio proprio ferratissima in materia non sembrava: pronunziava il riesling… ‘raisling’.
L’altro giorno è scomparsa Ughetta Lanari che ha insegnato a generazioni di operatori della radio e della televisione non solo di Stato la corretta impostazione della voce e della pronunzia: un errore del genere in Rai un tempo non sarebbe passato inosservato…