Riflettendo sui dati relativi alla viticoltura italiana, emergono informazioni interessanti, che ci fanno capire perché l’Italia è il Paese degli “artigiani del vino”.
Ho l’abitudine, quando affronto un tema, ad avere sottomano alcuni dati, per capire l’entità di problemi e di fenomeni. Quando si parla del comparto vitivinicolo italiano, ad esempio, qualche dato, secondo me, sarebbe importante conoscerlo.
Il primo è che nel nostro Paese ci sono circa 650mila ettari di vigneto che appartengono a circa 250mila proprietari. Il che significa che la proprietà media è di circa due ettari e mezzo. In Francia è quasi il doppio, in Australia più di venti volte. Questo è il motivo per cui da noi il 60% o giù di lì della produzione è nelle mani delle cantine sociali, che riuniscono in una sola struttura la produzione di migliaia di piccoli viticoltori.
È anche il motivo per il quale il ruolo dei Consorzi è molto importante, sia per la tutela delle varie zone di produzione, sia per la promozione, che sarebbe impossibile da gestire autonomamente per cantine piccole e medie.
Produzione industriali? Non in Italia
Quindi, quando si parla di enormi produzioni “industriali”, questo riguarda molto più altri Paesi che l’Italia. Tanto è vero che nessuna azienda italiana è fra le prime dieci del mondo per produzione, nonostante noi siamo il primo o il secondo produttore mondiale e il primo esportatore per quantità. Gallo, Constellation, Beringer&Blaas, sono anche più di dieci volte più grandi del Gruppo Italiano Vini, e trenta volte di Antinori, che da noi passano per essere grandi.
Una cantina da 300 mila bottiglie, che in Italia viene considerata piuttosto grande, in Australia sarebbe definita “boutique winery”, tanto per capirci.
Piccolo è bello
Tutto questo significa che noi siamo sostanzialmente degli artigiani nel comparto vitivinicolo e non degli arcigni industriali, come talvolta si sente dire. Per noi “piccolo è bello” non è uno slogan, ma è la realtà principale della produzione, anche di chi poi conferisce l’uva alle strutture cooperative che, piaccia o meno, svolgono tuttora una funzione fondamentale nel comparto vinicolo italiano.
Non tutte lavorano bene, alcune hanno brillato per inefficienza, è vero. Ma ce ne sono moltissime che invece rappresentano ineludibili punti di riferimento che consentono a chi produce uva di continuare a farlo, continuando tradizioni, occupandosi di difesa dei territori dalla cementificazione e via dicendo. Perché fare viticoltura non si ferma alla sola produzione di vino.
10 commenti
Credevo continuasse, invece si è interrotto dando la sensazione che fosse una breve introduzione.
Un editoriale non può essere troppo lungo. Si tratta di considerazioni generaliu.
E’ innegabile, comunque, che ci sono in Italia aziende che producono il vino in maniera industriale, nel senso di standardizzare al massimo le singole etichette. Dall’articolo sembra che siano i grandi numeri a rendere industriale la produzione, ma a mio parere non è così.
E quali sarebbero allora secondo lei i modi per standardizzare? Io ho dato dei dati dai quali viene fuori che in Italia quanto meno “standardizziamo” meno che in altri Paesi. Perché non prova a contestarmi con altrettanti dati e non solo con la sua, peralttro rispettabile, opinione?
Poi, la prego, abbia la gentilezza di firmarsi con nome e cognome, così sappiamo tutti a chi appartiene la rispettabile opinione.
Articolo interessa nte. È possibile conoscere la fonte dei dati riportati? Grazie
Sono dati che si possono facilmente trovare in rete, sui siti del Ministero, dell’Ismea, e su siti privati come I numeri del vino. Ma nel settore sono di dominio pubblico e vengono citati nei convegni di continuo.
Secondo i dati da lei citati noi siamo artigiani dell’uva e non del vino.
Artigianalità del vino è ben altra cosa.
Indubbiamente una analisi reale della situazione vitivinicola italiana. Questa caratteristica apre il campo anche ad un altro aspetto che è quella della scarsa economia di scala dei ns prodotti e della difficoltà dei piccoli produttori a sostenere le esigenze di marketing. Abbiamo difficoltà a raggiungere i mercati internazionali e quando lo facciamo non ce li possiamo mantenere per evidenti problemi quantitativi.
Simone Rustici az agr La Pierotta- Maremma Toscana
E cosa sarebbe di così diverso? Ce lo spieghi, la prego.