Ridurre il giudizio di un vino a un numero (nel nostro caso in centesimi) è sempre una forzatura che ha il valore di indicazione, la cui soggettività è limitata dalla presenza di un panel di degustatori.
Dare per forza dei punteggi ai vini è una pratica sicuramente utile per i lettori, che si ritrovano sintetizzato in un semplice numero una serie di considerazioni talvolta difficili da spiegare in poche righe. Però è anche una forzatura. Rendere quantitativo, con un numero, ciò che è qualitativo, è un’operazione tale da fare rabbrividire qualunque studioso di filosofia e di epistemologia in particolare. È una specie di quadratura del cerchio, impossibile da eseguire con precisione assoluta.
Siamo perciò in un campo del tutto empirico, con grandi componenti di soggettività, che rendono l’assegnazione di un punteggio a un vino qualcosa di utile per la comprensione immediata, ma del tutto priva di canoni scientifici reali.
A me la cosa è sempre stata chiarissima. Lo è meno da parte di quei critici, ma anche di quei lettori, che tendono a dare un valore fideistico, quasi magico, all’assegnazione di punteggi numerici, credendoci in modo ingenuo. Nella migliore delle ipotesi, invece, è solo una sintesi che aiuta a capire alcuni aspetti, ma che dipende moltissimo dalle convinzioni e dai gusti di chi poi quelle valutazioni le esprime. La cosa si può, solo in parte, limitare con l’uso di panel di assaggiatori addestrati, ma di certo non si potrà mai raggiungere la replicabilità e l’oggettività assolute delle valutazioni.
Sono semplici considerazioni di fondo che vorrei condividere con i lettori di DoctorWine anche perché la discussione sull’opportunità di valutare numericamente un vino è sempre all’ordine del giorno. Da ex insegnante, però, mi permetto di sostenere che fino a quando si valuteranno con dei voti non dei vini, ma delle persone, a scuola, nei concorsi, ritengo che anche chi lo fa nel nostro settore sia in qualche modo autorizzato a farlo.
4 commenti
Concordo pienamente.
Si racconta che grande Giovanni Leone sostenesse che il diciotto è come il pane, non si nega a nessuno.
Nella critica enologica l’ottantanove è come il pane, non si nega neppure a vini semplici e senza grandi pretese.
Ricordo la prima guida vini dell’Espresso, diretta da Alessandro Masnaghetti, che in ventesimi dava ai vini semplici dei dodici, non resse alle proteste dei produttori.
In questo momento poi noto notevoli differenze tra le recensioni e quanto ritrovo in bottiglia comprata e pagata in enoteca, vini sempre più sottili, poveri di profumi e di concentrazione al palato.
Al ristorante non bevo più, i ricarichi dei vini sono pesanti e ingiustificati, i l servizio a bicchiere raramente concede vini in buono stato di conservazione.
Forse aveva ragione Veronelli’ che quando si faceva le guide in prima persona dava punteggi da uno a tre stelle.
In fondo per il lettore appassionato più che il punteggio conta il racconto del vino, dalla vigna alla bottiglia finale.
Ora siamo nel caos, vanno di moda certi vini ossidati e vinificati male venduti come naturali, impazzano i nomi di fantasia e non più del singolo vigneto…
Mah.
Cordiali saluti, caro Direttore, da un suo fedele lettore, in primis cartaceo…
Come quasi sempre accade mi trovo d’accordo con te Daniele, non a caso fosti un mio docente nei corsi A.I.S. Mi permetto solo di aggiungere che nel giudizio dei vini non dovrebbe entrare il gusto personale, ma la valutazione dell’aderenza ai canoni della tipologia che si sta degustando e quanto il produttore sia riuscito a rispettare questi e ciò che quel territorio può esprimere. Come dicevi giustamente non è facile da spiegare, per chi legge è più semplice interpretare un numero, sperando che legga anche la degustazione, che in parte ne spiega la motivazione. Buon lavoro.
Anni addietro, quando nei panel d’assaggio si aggiungeva un degustatore fresco dei corsi AIS, cercava sempre nel vino la corrispondenza ai caratteri che aveva appreso ai corsi. Oggi per fortuna, possiamo assaggiare un vino e valutarlo “in assoluto”, aderisca o meno ai caratteri varietali. Possiamo dire: non è un buon Pinot nero, ad esempio, ma è un vino eccellente.
Per Giulio….”non è un buon Pinot nero,ma è un vino eccellente….”
Allora facciamo che prendo un eccellente vino igt a 0,5 euro al litro all’ingrosso.
Lo imbottiglio come pinotnero a 12,00 euro alla bottiglia.
Non è un buon Pinot nero …ma è un vino eccellente ….!!
La trovo una ottima interpretazione ….!!!