A distanza di poco tempo l'uno dall'altro, Roma ha perso due protagonisti della ristorazione: Bruno Borghesi e Dario Cappellanti, due cari amici.
Mio padre, che ha ormai cent’anni e quasi quattro mesi, mi dice sempre che una delle cose tristi che accadono quando si va molto avanti con l’età è che gli amici ci lasciano. Inizia a capitare anche a me, e in pochi giorni di amici veri ne ho persi due, Bruno Borghesi e Dario Cappellanti. Due persone che hanno lavorato per decenni nella ristorazione in modo molto diverso l’uno dall’altro, ma nei loro percorsi due grandi professionisti e due persone di valore.
Bruno iniziò con la Dolce Vita negli anni Sessanta, aprendo La Clef, un night club famosissimo all’epoca, e poi realizzando il Sans Souci, forse il più spettacolare ristorante che ci sia mai stato a Roma. Andarci era come andare a teatro per assistere a una rappresentazione che andava in scena ogni sera. Menu di tradizione francese, grandi vini, servizio semplicemente perfetto, con Bruno che accoglieva tutti nel piccolo bar all’ingresso, faceva scegliere il menu davanti a un bicchiere di Champagne, compreso il sontuoso soufflé aux chocolate che andava prenotato all’inizio, e poi faceva accompagnare al tavolo i clienti. L’auto si lasciava all’ingresso, ci pensavano loro a parcheggiarla nel garage dell’Excelsior proprio di fronte. Perché il tutto si svolgeva in via Sicilia, a Roma, a due passi da via Veneto. Per trent’anni andò così, poi non gli venne rinnovato il contratto d’affitto e lui spostò tutto al Mirabelle dell’Hotel Splendide Royal, dove lavorò fino a qualche anno fa e dove lo spettacolo andava in scena quasi nello stesso modo.
Dario invece era un oste, lo conobbi perché frequentava i corsi dell’Ais nel 1986, ed era il proprietario del ristorante Da Paris a Trastevere. Prima, da giovane, aveva lavorato come cameriere da Loreto in via Valenziani, dove oggi c’è Chinappi, e da Piperno a Monte de’ Cenci. Negli anni aveva conosciuto la “sora” Iole, che sarebbe divenuta sua moglie e anche cuoca formidabile, e che gli ha dato tre figli, Rita, Gianni e Paolo. Lasciato Piperno aprirono insieme una piccola trattoria, Da Paola, in via Lanciani, in un quartiere abbastanza periferico di Roma, ma che divenne famosa per la cucina romanesca molto credibile. A metà degli anni Ottanta il grande salto.
Silvano Paris, che era il presidente dell’associazione dei ristoranti di Roma, decise di dare in gestione il suo famoso locale di Trastevere. Dario e Iole si presentarono da lui e si proposero, e così iniziò un’avventura che li vide insieme sul lavoro fino al 2016. Paris fu uno dei locali di riferimento per decenni per tutti coloro che amavano la cucina romana di estrazione ebraica, i carciofi fritti, la carne secca, la pasta e ceci, poi anche ricette tradizionali come la minestra di broccoli con l’arzilla. Per me, che abitavo sopra al ristorante, in Piazza San Calisto, era un pezzo di casa e Dario e Iole due persone di famiglia.
Con Bruno e con Dario mi legava una profonda amicizia, perdonatemi se ho voluto raccontarvi qualcosa di loro prima che i ricordi si sbiadissero.