Schiava o Vernatsch, un vino versatile, che cambia a seconda delle zone di coltivazione: pieno quando viene da Santa Maddalena, morbido quando viene dal lago di Caldaro, aromatico se è coltivato sulle colline del meranese. Ne parla Stefania Vinciguerra.
Vini molto moderni pur con una lunga storia alle spalle. Profumati, con note frutti di bosco freschi, ma anche melagrana e violetta; leggiadri al palato, con tannini moderati e buona acidità. Merito di un vitigno, la Schiava/Vernatsch, che fino al 1970 copriva il 68% della superficie vitata dell’Alto Adige. La sua grande popolarità era dovuta principalmente alla sua resistenza ed alla grande produttività: supera con molta facilità la resa di 100 quintali per ettaro.
Oggi la percentuale è scesa al’8%, per un totale di 467 ettari coltivati a Schiava, ma anche se in costante diminuzione negli ultimi anni (o proprio per questo), la Schiava è cresciuta indiscutibilmente di qualità e sta vivendo una brillante riscoperta. Esistono diversi cloni di Schiava/Vernatsch, dei quali la Schiava Grossa/Großvernatsch è la più diffusa. Alcuni cloni come la Schiava Grigia/Grauvernatsch, la Schiava Gentile/Kleinvernatsch o lo Tschaggele (coltivati ormai in misura minima) danno risultati interessanti con rese leggermente più basse.
Proviamo a capire l’origine del nome Vernatsch
Il nome italiano potrebbe rimandare a un antico sistema di allevamento, in uso durante la dominazione longobarda, che manteneva le piante basse legate a un tutore: un sistema cum vineis sclavis, traducibile “con viti schiave”. In alcuni paesi dell’area tedesca (come nel Württemberg) la Schiava Gentile è nota come Trollinger, che potrebbe essere una corruzione di tirolinger, il che rafforza l’ipotesi che sia una varietà autoctona del Sud Tirolo. Del resto gli altoatesini la chiamano Vernatsch, che somiglia tanto all’italiano Vernaccia, che altro non è che il nome che si dava all’uva “del luogo”, esattamente come il vernacolo è la lingua del luogo.
Interessante la spiegazione che si legge sul sito dei vini dell’Alto Adige, sempre a proposito dei due nomi: “Il termine Vernaccia in italiano, e quindi Vernatsch in tedesco, deriva dal latino verna, che indicava lo schiavo nato nella casa del padrone. Da quel termine si sviluppò anche l’aggettivo vernacula (varietà nostrana) e col tempo vernaccia. Non è escluso, quindi, che il concetto di schiavo sia in realtà il filo conduttore delle diverse denominazioni utilizzate per questo vitigno nelle due lingue”. Un’ipotesi affascinante, anche se di poca utilità enogastronomica.
La sua presenza nelle Doc
Non è un’uva particolarmente ricca di estratti e sostanze coloranti, ma regala vini gradevoli ed eleganti. È vinificata pressoché in purezza nelle Doc Lago di Caldaro, Alto Adige Schiava e Alto Adige Santa Maddalena (con una piccola aggiunta di Lagrein). Vi presentiamo un campione per ogni denominazione, invitandovi ad andare alla scoperta di un tipo di vino, la Schiava nelle sue diverse declinazioni, davvero moderno e piacevolissimo.
Kaltern Kellerei Cantina per il Lago di Caldaro

La Cantina di Caldaro (Kaltern Kellerei) rappresenta una delle due grandi realtà cooperative della zona ed è naturalmente concentrata sui vini più tipici del comprensorio, a cominciare dal Lago di Caldaro presentato in diverse versioni, tutte molto espressive. Sono circa 650 i soci della Cantina, che rispettano scrupolosamente le direttive del Kellermeister che segue il loro lavoro da vicino durante tutto l’arco dell’anno.
Griesbauerhof per il Santa Maddalena

Il maso Griesbauer, alle pendici delle colline di Santa Maddalena e Santa Giustina, è gestito dalla famiglia Mumelter dal lontano 1785. Georg Mumelter ne è l’anima, ma l’intera famiglia è pienamente coinvolta nella gestione dell’azienda che produce i tipici vini della zona e quindi, soprattutto, Santa Maddalena e Lagrein. Dal 2018 il giovane figlio Lukas ha preso in mano la produzione, coniugando efficacemente la tradizione con la tecnica più moderna. Si tratti di vini dall’indubbio carattere e dalla tecnica sicura.
Gump Hof per il Südtirol Vernatsch

I vigneti di Markus Prackwieser sono tra i più scoscesi e vertiginosi dell’intero Alto Adige, ma qui il giovane e timido produttore di Novale di Presule, all’ingresso della Valle Isarco, si sta costruendo, passo dopo passo e con tantissimo impegno, una carriera che lo sta portando ai vertici della regione. I suoi Pinot Bianco sono sempre tra i migliori, ottimo il Sauvignon, magnifica la Schiava e interessanti anche gli altri vini, tutti all’insegna di grande eleganza, personalità spiccata e prezzi correttissimi.