Viaggio sensoriale per scoprire l’evoluzione nel tempo di uno dei Barolo di Sergio Germano: il cru Cerretta.
Cerretta è una delle grandi vigne del Barolo, rivendicata da sempre più produttori in maniera crescente negli ultimi quindici anni.
Il profilo aromatico dei vini è facilmente spiegabile: sommariamente e al netto della stilistica delle aziende, si può dire che si tratta di Nebbiolo con una dimensione dei tannini più ampia rispetto ad altre zone di Serralunga d’Alba, dotato di concentrazione fruttata, sui piccoli frutti rossi, che accompagna il vino nel tempo assieme a un fondo balsamico.
La Cerretta si estende per 40 ettari, ed ecco spiegata la presenza di numerosissime espressioni in commercio, per una massa critica che ha indubbiamente giovato all’attività di promozione nel corso degli anni. Ma quando si parla di Cerretta menzionare Ettore Germano è obbligatorio essendo l’azienda nata in questa collina: Località Cerretta 1. Con un Sergio Germano che in giovane età ne traccia i confini, dividendola in due parti, un principio di zonazione poi non seguita nell’introduzione delle Menzioni Geografiche Aggiuntive.
I sei ettari di proprietà si trovano nella parte più settentrionale del comune di Serralunga d’Alba, con un’esposizione sud-est e un’altitudine di 350-400 metri s.l.m.
Il suolo, molto calcareo, delle Marne di Sant’Agata Fossili (nel caso di Germano viola con vene blu) è il responsabile principale di due caratteristiche da tenere a mente quando si ha di fronte un Cerretta: potenza e longevità. Più una terza: un velo quasi marino, una parte di sapidità onnipresente in tutte le annate, sebbene non con la stessa persistenza.
Cerretta: dal 1993 imbottigliato separatamente
Se oggi parliamo di successo e riconoscibilità, a Sergio va riconosciuto un fatto: è stato il primo a imbottigliare separatamente le uve della Cerretta. Era il 1993. Quell’anno sceglie di diventare indipendente e non vendere più le sue uve. Sono indubbiamente anni di esperimenti, di presa di misura; fatto sta che dopo 5 anni il vino esce e l’etichetta porta il cognome della sua famiglia.
Negli anni Duemila si iniziano ad allungare i periodi di macerazione, si investe in diverse tipologie di botti – Sergio si è sempre dichiarato poco incline all’uso di barrique – sino ad avere il turnover che più si confà alle necessità produttive.
E infine, si mettono a punto le parcelle: le piante da cui nasce il Barolo Cerretta oggi hanno circa 50 anni – sono ancora quelle piantate dal padre Ettore – che negli ultimi anni, grazie a un lento e graduale approccio bio al vigneto, hanno portato Germano a decidere di sperimentare una vinificazione con un 30% circa di grappolo intero; si cerca di dare energia, fragranza e tannini gentili, senza dimenticarsi della serbevolezza.
Una verticale emozionale
Quest’ultima si è infatti manifestata in una recente verticale, con bottiglie coperte, organizzata da “Tesori Liquidi”, il progetto di Francesco Mastrosimone e Francesco Bonomi, che insieme si occupano di organizzare anche degustazioni “emozionali”, cercando e proponendo in batteria bottiglie vintage.
La scorsa estate il duo, coadiuvato dalla cantina, ha proposto un 1998, che si presentava a noi con un fremito fruttato, nitido, assieme ad una costellazione di tannini incisivi. A seguire, un meno impattante (oggi) Barolo della fredda annata 2008, che confessava, però, tutta la sua freschezza e dinamismo in un corpo più affusolato. Un battito sentito per la versione prodotta nel 2013 che, con note più evidenti di frutta matura, marasca e mora, guarda al futuro forte di una struttura che non accenna ad alcun tipo di cedimento, con una polpa che richiama con voce l’aderenza alla sua sorgente tannica, rassicurando di essersi legata rilasciando aromi succosi e salini.