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Torcolato di Breganze, che Doc!

Prima del Torcolato

Quella del Torcolato di Breganze è una denominazione che da trent’anni contraddistingue il territorio. In occasione della Prima del Torcolato Sissi Baratella ne ha fatto una verticale che ha messo in luce le sue doti di longevità.

La Doc Breganze costituisce uno di quei casi, più unici che rari, dove il vino dolce, il Torcolato, primeggia su tutti e diventa sinonimo di una denominazione e un territorio. Così su due piedi forse solo Pantelleria è paragonabile. Infatti, senza andare troppo lontano dalla provincia di Vicenza, dove Breganze sorge in zona collinare, abbracciata dai fiumi Astico e Brenta, troviamo due chiari esempi a Verona. Dove Valpolicella è uguale a Amarone e non a Recioto, così come Soave è vino fermo e secco piuttosto che dolce e passito. 

Breganze fa eccezione; sebbene vini bianchi e rossi di non indifferente personalità vengano qui storicamente prodotti, il Torcolato continua a portare alta la bandiera di questo territorio costituendo un’eccezione alla regola che vuole vedere i vini dolci sempre più “dimenticati”. 

Figlio della tecnica

Prima di tutto va detto che il Torcolato è un vino figlio della tecnica. Ce lo ricorda anche Fausto Maculan, tra i produttori che per primi hanno contribuito a fare grande questo vino e a profilarne le caratteristiche. Torcolato infatti era tutto ciò che veniva prodotto con la tecnica dell’appassimento delle uve intorcolate e appese in fruttaio. 

Meno importante, rispetto al processo, era la natura delle uve. Purché fossero bianche e dal grappolo spargolo, tutto era concesso. Le caratteristiche dei vitigni e delle uve erano quindi al servizio della tecnica. Woody Allen avrebbe detto “basta che funzioni” e così è stato per molto tempo. 

La nascita del Consorzio e il profilo del Torcolato

Il Torcolato Breganze Doc compie 30 anni. Sebbene le prime testimonianze scritte risalgono al 1800 è da trent’anni che possiamo parlare di Torcolato come lo intendiamo oggi. Non solo una tecnica ma anche la scelta delle uve andava regolamentata. Quale poteva essere allora l’uva regina per il territorio destinata a diventare protagonista nel vino? La scelta ricadde sulla Vespaiola

Ben rappresentata in termini di ettari, generosa nella produzione ma addomesticata a riguardo, mediamente resistente, con buona acidità, adatta all’appassimento e dal grappolo spargolo. Una scelta ragionata ha così concesso che il disciplinare prendesse forma con la Vespaiola protagonista per minimo l’85%, la tecnica dell’appassimento in fruttaio, un minimo di alcol e un minimo di zucchero e quel giusto di libertà per il produttore nel decidere come, dove e quanto far maturare il vino in cantina. 

Le sfide dei vini dolci

Prima del Torcolato
Dobbiamo parlare al plurale perché le sfide da affrontare sono tante e in ogni ambito. A partire dalla vigna con la gestione della vigoria delle piante e la
selezione dei grappoli migliori all’appassimento. Processo quest’ultimo da monitorare con costanza, per poi passare alla vinificazione di mosti densi e concentrati in cui i lieviti annaspano se non aiutati e assecondati nelle loro esigenze. Dalla sfida enologica si passa poi a quella sul mercato dove modi, tempi, usi e consumi sono cambiati e i vini dolci sono appunti spesso dimenticati. 

Ma i vini dolci sanno essere tanto fragili quanto potenti rendendosi memorabili e non conoscendo l’indifferenza, generando sempre – nel bene e nel male – un’emozione. 

L’ID card in 5 punti del vino passito dolce

O lo ami, o lo odi. Indifferenza per l’appunto non esiste. I passiti dolci sono vini che dividono. Evidentemente concentrarsi su chi li ami è la cosa giusta da fare. 

Mi sono chiesta perché li amo così tanto e l’ho riassunto in 5 punti:

  1. Lentezza. Un passito dolce che si rispetti richiede il suo tempo. Ci invita a rallentare, così come lui del resto è lento nel calice, ne è complice la viscosità. 
  2. Equilibrio. Che sia un concetto fondamentale per tutti i vini è assodato, per i vini dolci ancora di più. Dolcezza e acidità bilanciate e avvolte in un armonioso abbraccio dall’alcol; il tutto a favore della bevibilità. 
  3. Versatilità. Attenzione, non negli abbinamenti bensì nel tempo. Tenace, vibrante, potente, sa evolversi e mai invecchiare. È buono da giovane, affascinante nel domani.
  4. Tecnica. Un buon vino passito moderno è un vino tecnico. Conoscere e padroneggiare la tecnica al giorno d’oggi è imprescindibile.
  5. Memorabilità. Ambizioso certo, ma un grande passito dolce deve saper sempre lasciare il segno. 

La Prima del Torcolato

Breganze Torcolato
Breganze Torcolato


Per l’occasione della
Prima del Torcolato, evento di piazza in cui confratelli e consorelle della Magnifica Fraglia del Torcolato sfilano per le strade di Breganze fino a raggiungere il torchio in piazza per la prima spremitura pubblica, ho partecipato a una verticale della tipologia. Ecco com’è andata.

Premessa, non tutte le bottiglie erano state pensate per così lunghi affinamenti, né rappresentano necessariamente le top annate aziendali. Ma i produttori hanno voluto mettersi in gioco fornendo annate significative per loro e per la denominazione, permettendoci un più unico che raro viaggio nel tempo. 

* La foto di apertura è di Gian Omar Bison, tratta dal blog gianomarbison.com per gentile concessione dell’autore

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