Ho trascorso una giornata nella tenuta di Monteverro, sulla Costa d’Argento, nell’estremo sud della Maremma. Tra le vigne, la cantina e gli assaggi. Un’esperienza da condividere.
Per chi ama la Toscana, e la Maremma, la zona di Capalbio è un microcosmo a sé. Andare a visitare l’azienda Monteverro – tra il borgo di Capalbio e il mar Tirreno – è una bellissima esperienza, soprattutto se si ha la fortuna di capitare in una bella giornata di sole, dal momento che la vista che si gode dai vigneti spazia su tutta la campagna, la macchia mediterranea, i borghi arroccati sulle colline, il Monte Argentario per arrivare al mare e all’isola di Giannutri.
Ho avuto la fortuna di visitarla con i proprietari, tedeschi, Georg Weber e sua moglie Julia, entrambi innamorati di questa Costa d’Argento dove Geog decise, all’inizio degli anni Duemila, di acquistare una proprietà. Era un giovane collezionista di grandi vini e decise di lanciarsi nella produzione, puntando da subito all’eccellenza, proprio nella sua amata Toscana. La strada per arrivarci, per conoscere a fondo quel terroir così vocato ai vitigni internazionali è stata la micro-parcellizzazione delle vendemmie, le vinificazioni separate, le sperimentazioni.
Staff internazionale e maremmano insieme
Al loro fianco, per realizzare la visione iniziale di Georg, una serie di persone chiave, delle più svariate provenienze: l’enologo francese Matthieu Taunay, il general manager tedesco Michael Vögele e il direttore commerciale altoatesino Andreas Comploj. Poi i consulenti Michel Rolland, francese, e Jean Höfliger, svizzero-californiano, che vengono in azienda due volte l’anno per gli assemblaggi. Tutto locale invece lo staff della tenuta, a costituire il vero trait d’union con il territorio. I proprietari pendolari tra Monaco di Baviera, dove vivono, e la Maremma, dove trascorrono tutto il loro tempo libero.
“Da quando siamo arrivati il clima è cambiato molto – racconta Julia -. Le stagioni sono sempre più calde e siccitose, per esempio nel 2023 le ultime vere piogge sono state a giugno. E l’acqua è un parametro importante. La vera sfida ormai è come gestire vigneti stressati, quantità ridotte di acqua, la siccità. Per noi che siamo bio è fondamentale mantenere i suoli vivi, che significa porosi, soffici, ossigenati grazie ai microrganismi”. Determinante la biodiversità del suolo e dell’ambiente, la presenza della macchia, del bosco. È stata lasciata in mezzo alle vigne una collina con un ettaro e mezzo di oliveti secolari. Ci sono frutteti, l’orto per i dipendenti, insomma: un’agricoltura di tipo familiare che aborrisce le monoculture.
La gestione enologica di Mathieu Taunay
Il perno attorno cui gira la produzione è Mathieu Taunay. Arrivato nel 2008, dopo una serie di esperienze all’estero, si è subito innamorato del progetto e per arrivare ai 40 ettari vitati odierni si è impegnato intensamente per capire i suoli e la loro vitalità microbiologica. Da qui la scelta dei sovesci dal 2010 a seconda del bisogno delle particelle più o meno vigorose. Una volta equilibrati i suoli, la conferma del bio, certificato nel 2019.“Negli ultimi 5-6 anni abbiamo anticipato le vendemmia sempre di più, per mantenere il nostro stile – racconta Mathieu -. Abbiamo il tunnel di raffreddamento dove vengono portate tutte le uve, bastano poche ore. Selezione manuale, diraspatura e avvio delle uve in vasca per caduta. Abbiamo 45 vasche per mantenere tutto separato, le macerazioni durano da 7 a 25 giorni, senza una regola definita. La decisione se svinare o meno è soltanto gustativa”.
Gli assaggi in cantina
Lì in cantina abbiamo fatto alcuni assaggi dalle vasche e dalle barrique, per capire meglio i vini. Abbiamo iniziato con lo Chardonnay 2022, che ha fermentato in barrique (nuove al 25%), sia dall’uovo di cemento che da una barrique nuova. Molto fresco, salino, verticale il primo, più rotondo, ampio con volume e grassezza il secondo. Perfetti in vista del blend. Poi, singolarmente, il Grenache e il Syrah che andranno nel Tinata 2023. Solo acciaio per il primo. Esplosivo al naso, con tannini appena ruvidi ma pari esplosione aromatica in bocca. Il Syrah in legno, vendemmiato in anticipo. Speziato e dai tannini ampi, una solida base per un vino da invecchiamento. Anche in questo caso, una combinazione che si intravede vincente. Già assemblato il Tinata 2022, di grandissima soddisfazione olfattiva e dai tannini esuberanti appena crudi ma fini. Abbiamo finito con il Cabernet Franc 2022, annata difficile da capire. Molto varietale, porterà al blend carattere, personalità, anche una certa rusticità. Per la finezza ci sarà il Cabernet Sauvignon.
Usciti dalla cantina è stata la volta dei vini imbottigliati, con alcuni salti all’indietro su annate precedenti. Il tutto accompagnato da un ottimo pranzo curato da Valeria Piccini, chef stellata proprietaria con il marito Maurizio Menichetti e il figlio Andrea del ristorante Caino a Montemerano.