Sono cantine eroiche, con vigneti spesso a strapiombo sul mare, contenuti da antichi muretti a secco, conservati con cura dai vignaioli moderni. Vini che sanno di mare, denunciando con chiarezza la loro origine.
Conosciute in tutto il mondo per la loro bellezza, Capri, Ischia, Procida, Vivara e Nisida sono le isole del Golfo di Napoli che sorgono dalle acque del Mar Tirreno, facendo da cornice alla regione Campania che brilla per arte, natura e cultura, tanto da avere il primato italiano del maggior numero di siti riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Dieci in totale, tra materiali e immateriali: la Reggia di Caserta, l’area archeologica di Pompei ed Ercolano, il Parco Nazionale del Cilento Valle di Diano e Paestum, la Costiera Amalfitana, il complesso monumentale di San Leucio, la Chiesa di Santa Sofia di Benevento, il centro storico di Napoli e l’arte dei Pizzaioli Napoletani.
La Campania è riconosciuta nel mondo anche come paradiso dell’enogastronomia: il clima mediterraneo favorevole e la fertilità delle sue terre le hanno fatto acquisire l’appellativo di Campania Felix. Mare, montagne, laghi, fiumi, boschi e vulcani abitano la regione rendendola davvero speciale, con la viticoltura che ha un ruolo primario e che diventa eroica ed estrema soprattutto sulla costa e sulle isole, per via di declivi scoscesi e muri a secco plasmati dai viticultori.
Dai terreni vulcanici (in primis il tufo verde) della verde Ischia, a quelli di origine carsica, calcarei e con residui piroclastici della glamorous Capri, che ha identica natura compositiva dei Monti Lattari della penisola sorrentina, di cui l’isola è probabilmente la prosecuzione, rappresentando così un frammento separato dalla roccia costiera. Le altre isole dell’arcipelago napoletano, le minori, sono anch’esse di matrice vulcanica e appartengono all’area geologica dei Campi Flegrei insieme alla selvaggia Procida.
L’eccellente produzione di vini vede per Ischia impiegate le varietà di Biancolella, Forestera e Per’e palumm (Piedirosso), più altre uve come l’Aglianico e biotipi locali quasi tutte a piede franco, come l’Uva Rilla, la Guarnaccia, la Procidana, la Coda di cavallo, la Cantammela, la San Lunardo nonché altre tutte allevate a mano su terrazzamenti a picco sul mare, che vanno dai 200 agli 800 metri di altitudine, dove il vento, le “parracine” (muretti a secco) e il mare fanno da protagonisti della produzione, già apprezzata nel XII secolo.
A Capri, i pochi ettari vitati (circa una ventina) sono nella maggior parte nel comune di Anacapri, a ridosso della costa e sul monte Solaro. Qui le varietà che si incontrano sono la Falanghina, il Greco, la Biancolella e il Piedirosso, oltre alla Ventrosa e Ciunchesa della quale si trovano pochissime viti.
A Procida, nei pochi filari esistenti, oltre all’autoctono Levante, sono presenti uve della vicina area flegrea, mentre prima dell’attacco della fillossera (metà del 1800) si disponeva di diversi vitigni locali a bacca nera, quali la Cavalla e la Tenella.
Un patrimonio genetico complessivo inestimabile per la viticoltura campana, con un bollettino ampelografico unico nel suo genere, che vede le Isole del Golfo di Napoli tra le aree più ricche di biotipi e varietà di uve e dove le vigne sono “condite” dalla salsedine portata dal vento permettendo di ottenere vini dalle caratteristiche organolettiche inconfondibili e dal fascino ineguagliabile.
Non ultimo: Ischia dal 1966 e Capri dal 1977 si fregiano della Doc.
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Ischia:
- Casa D’Ambra, Ischia Biancolella Frassitelli 2021
- Antonio Mazzella, Ischia Bianco Vigna del Lume 2021
- Tommasone, Ischia Biancolella Tenuta dei Preti 2021
- Crateca, Epomeo Cràstula 2015
- Pietratorcia, Ischia Rosso Vigne di Janno Piro 2020
Capri:
Procida: