Le sorelle Tessari di Suavia realizzano un vero e proprio omaggio alle unità geografiche del Soave creando una linea dedicata e permettendo alla loro personalità di emergere.
Al numero tre la famiglia Tessari ci aveva già abituati da tempo. Sono tre infatti le sorelle (a onor del vero ne esiste una quarta, che però segue un altro progetto enologico di cui ho già parlato, Masari) che lavorano fianco a fianco nell’azienda fondata nel 1982 dai genitori. Oggi Suavia produce 200.000 bottiglie. Tutte etichette da bacca bianca, tutte dalle varietà autoctone quali Garganega e Trebbiano di Soave.
Il richiamo del territorio
L’azienda si fa in tre ancora una volta grazie al richiamo del territorio. Nasce la linea I luoghi, tre nuove etichette in tiratura limitata (2.000 bottiglie per tipo), vendute in cofanetto da tre. Ogni etichetta rappresenta un singolo appezzamento e una singola Uga. Le tre unità geografiche aggiuntive che le sorelle Tessari hanno deciso di valorizzare sono Fittà, Castellaro e Tremenalto. La curiosità innata e la sete di conoscenza le hanno spinte a vinificare separatamente le partite di uva andando a ridurre al minimo le variabili in corso di vinificazione e affinamento. Garganega al 100% per tutte e tre le etichette, vendemmia manuale ovviamente, pressatura del grappolo intero. Solo mosto fiore e solo acciaio sia in vinificazione che in affinamento. Un anno sulle fecce fini e 2 anni di bottiglia. Rigorosamente tappo a vite, come da credo aziendale, e iconica bottiglia Soavia con tanto di etichetta nera e scritta in bianco. Lo stile Suavia c’è tutto, lo stupore all’assaggio non manca.
Da quello che poteva essere un progetto di conoscenza per approcciare più consapevolmente il territorio e la materia prima, sono arrivate a realizzare un vero e proprio omaggio alle unità geografiche permettendo alla loro personalità di emergere.
Tre Soave Classico de I luoghi
I tre Soave Classico de I luoghi sono quindi una nuova bandiera aziendale per raccontare e valorizzare il lavoro che nel 2019 ha avuto il suo culmine con l’ufficializzazione delle Uga. Passo per la denominazione che forse non ha ricevuto il successo che si immaginava e che, parola di produttori, andrà perfezionato per acquistare maggiore efficacia. Al momento non esiste, evidentemente, una regolamentazione delle Uga che non sia la sola provenienza geografica delle uve. Le sorelle Tessari con questo progetto sognano invece che un giorno l’utilizzo di questa menzione possa essere maggiormente regolamentato, a partire dalla messa in commercio. I Luoghi oggi è disponibile nell’annata 2020, ambizioso e lungimirante questo progetto doveva essere di rottura anche nei confronti delle etichette storiche di Suavia. Ricordiamo il Soave Classico e il Soave Classico Monte Carbonare.
Le Uga
Fittà corrisponde anche alla località dove si trova l’azienda. Il vigneto presenta esposizione sud e est, con una pendenza del 45%. Il suolo è profondo, fatto a dir poco eccezionale vista la pendenza. Suolo ricco, argilloso, una terra che le Tessari definiscono forte. Corrisponde nel calice alla versione di Soave Classico più calda, ricca in frutta gialla matura, a tratti tropicale.
Castellaro, dai suoli rossi e ricchi in scheletro. Facile da individuare questa Uga è il “monte con il ciuffetto”, in cima infatti regna sovrano un piccolo boschetto. Poco profondo, presenta roccia basaltica a 80 centimetri, massimo un metro di profondità, guarda la Lessinia e si affaccia a nord. Nel calice è sorprendentemente speziato, intriga parecchio.
Tremenalto. Guarda a ovest anche se le piccole vallate sono orientate nord-sud. Ripido, anzi ripidissimo, è fresco e ventilato. I suoli neri presentano meno scheletro e sono medio profondi. Nel calice? Fresco, con note vegetali rinfrescanti. Dal sedano alla menta fresca. Man a mano si concede e regala note di camomilla. Palato sorprendente con note morbide e cremose.
La magia del numero 3
Tre sorelle, tre luoghi, tre Uga, tre nuove etichette dalle personalità davvero diverse e sorprendenti. Un esperimento riuscito e una scelta coraggiosa quella di Alessandra, Valentina e Meri che credono nella denominazione e ne portano avanti il nome. Credono fortemente anche nella viticoltura di collina, anche quando ti toglie il fiato e ti fa rischiare la vita (se non ci siete stati non avete idea delle pendenze), e non la mollano. Preoccupante invece è il fatto che qualcuno la stia abbandonando a favore di una più facile e remunerativa viticoltura di pianura. Una diaspora di viticoltori preoccupante e che rischia di far perdere ulteriore valore a una denominazione già sofferente e alla ricerca di un doveroso riscatto.
C’è bisogno di coraggio, e c’è bisogno di progetti coraggiosi. Brave ragazze!