Tra modernità, audacia e sostenibilità sociale siamo tutti un po’ matricole. Lo dimostra la nuova linea Ruki di tre giovani enologi veneti: Gian Maria Ciman, Marco Furia e Enrico Nicolis.
Se dico “rookie” (si pronuncia /ˈrʊki/) tu a cosa pensi? Qualcuno penserà alla serie Netflix sul L.A.P.D., serie che per altro consiglio. Qualcun altro penserà allo sport, dall’inglese in campo sportivo corrisponde infatti al first-year player. La nostra matricola per capirci.
Da oggi Ruki, scritto così come si pronuncia, è anche il nome di un vino, anzi di una linea di vini. Sappiatelo.
Vibranti, energici, complessi e moderni.
Nata dal desiderio di tre enologi di realizzare qualcosa che ne portasse la firma e rispecchiasse al 100% la loro idea di vino. Loro sono Gian Maria Ciman, Marco Furia e Enrico Nicolis. Tutti e tre enologi e consulenti, tutti e tre veneti. Età media: 38,6 periodico, non sono proprio matricole, ma si possono ancora definire giovani.
Il progetto Ruki nasce nel 2020 e si concretizza con le prime bottiglie nel 2023. Tre tipologie di vino: un Soave doc, attualmente in commercio con annata 2020, un Valpolicella Superiore doc, attualmente in commercio con annata 2020, e un Amarone della Valpolicella docg 2020, presto in bottiglia e disponibile appena sarà possibile (verosimilmente con gli inizi del 2024). Un packaging semplice, essenziale, dove un colore diverso identifica un vino diverso e una piccola illustrazione ne riassume le caratteristiche principali. Tutte legate allo sport.
Il Soave doc, colore giallo, è rappresentato dallo sprint di un corridore. Costituisce lo start del progetto. Garganega 100% fermenta in legno, convince nei pochi secondi di uno scatto sui 100 metri.
Il Valpolicella Superiore doc, colore blu, è uno scalatore. Sinonimo di equilibrio, stabilità, concentrazione. Ambizioso evidentemente, oltre alla performance prevede anche un certo tipo di equipaggiamento, non si scala se non si è in sicurezza.
L’Amarone, il cui colore in etichetta lo scopriremo, posso però anticiparvi che sarà rappresentato da un golfista. Sinonimo di eleganza, precisione, costanza. Non penso serva aggiungere altro.
Qual è l’idea di vino moderno che sta dietro a queste etichette?
La “ricetta” è presto fatta. Fermentazione in barrique, successivamente maturazione sempre in barrique per poco tempo, o meglio per il tempo che serve. E poi bottiglia. Si prediligono il legno piccolo e gli affinamenti rapidi, dove le variabili di rischio si riducono al minimo sindacale e la fragranza del frutto è mantenuta tale. L’evoluzione in bottiglia è favorita anche se l’idea prevede di mettere in commercio vini pronti già per essere apprezzati. Non è fretta, piuttosto un calcolo strategico delle tempistiche in base alla natura e al volume dei contenitori scelti. Volutamente, infine, i vini sono tutti a denominazione d’origine. Territorio e denominazioni esistono e vanno valorizzare, anche grazie a progetti originali come questo.
Il risultato? Vini vibranti, energici, complessi e mai stanchi di raccontarti qualcosa.
Ciliegina sulla torta la grande opportunità di poter scegliere le uve migliori per il progetto. Le nostre matricole non hanno vigna, ma hanno attinto dalle aziende con cui collaborano potendo per giunta scegliere. Non quindi un affronto all’attuale produzione (di cui per altro anche loro sono artefici) ma una vera sinergia e supporto. Le stesse aziende per cui i tre enologi lavorano hanno fornito uve, spazi e tecnologia per realizzare i vini Ruki. Insomma queste matricole hanno trovato dei senior player a fargli da sponsor concretizzando anche un altro aspetto molto attuale e al contempo troppo spesso astratto, quello della sostenibilità sociale. I grandi ospitano i piccoli e i piccoli contribuiscono a valorizzare il territorio. Quasi troppo bello per essere vero.
I primi assaggi per giunta sono stati davvero entusiasmanti, i vini parlano da soli. Coerenza e chiarezza è proprio quello di cui abbiamo bisogno, unitelo a tecnica e integrità di prodotto e il gioco è fatto. Felice di aver fatto questa scoperta a Vinitaly 2023, non vedo l’ora di assaggiare il primo Amarone e sentirmi, a mia volta, ancora un po’ matricola.