Il Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e Biodiversità viticola, in breve GRASPO, porta avanti un progetto nato per salvaguardare i cosiddetti vitigni minori puntando sulla tipicità territoriale.
Si chiama GRASPO, che di per sé è un nome bellissimo, ma è un acronimo che sta per Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e Biodiversità viticola. Progetto nato dalla volontà di tre enologi di base molto curiosi, ma soprattutto amanti della ricerca, della sperimentazione e nostalgici nei confronti dei vitigni minori. Loro sono Luigino Bertolazzi, Aldo Lorenzoni e Giuseppe Carcerieri de Prati.
Cosa si intenda per vitigno minore è presto detto. Sono vitigni la cui diffusione tipicamente è contenuta a favore di altre varietà che hanno preso il sopravvento. I motivi del sorpasso sono fondamentalmente riconducibili a: migliore capacità di arrivare a maturazione, rese superiori e maggiore resistenza alle malattie della vite. Negli anni però il clima è cambiato e sono cambiati anche il modo di fare uva e vino, puntando sempre di più su tipicità territoriale, rese contenute e prediligendo varietà con germogliamento e vendemmia tardivi per andare in contro a maturazioni complete e ottimali. Per questo motivo, e altri evidentemente, la riscoperta di alcune varietà minori sta diventando oggi sempre più interessante.
GRASPO non è quindi solo un tentativo nostalgico di evitare l’estinzione di nomi come Vernazola, Bigolona, Saccola, Gouais Blanc (che poi si scopre essere oggetto di studio da tempo anche in Champagne) o Cabrusina. ma il tentativo di creare un vero e proprio catalogo viticolo a cui attingere per proiettarsi verso il futuro della vitivinicoltura italiana. L’associazione oltre a individuare e propagare le varietà minori si occupa anche di effettuare le microvinificazioni. L’impegno e il valore culturale e colturale è davvero immenso, alcune delle varietà salvaguardate e riscoperte esistono in un unico o in pochissimi esemplari, il che tradotto in vinificazione significa qualche grappolo ogni anno, vinificato in damigiana e poi imbottigliato sperando di arrivare ad almeno 6 bottiglie, cosa che non sempre avviene. Disponibilità di assaggio al momento sono molto limitate ma possibili, le analisi chimiche delle uve e dei vini che ne derivano sono fondamentali nell’ottica di creare una bibliografia mai esistita prima. Evidentemente l’obiettivo futuro deve essere la propagazione per rendere anche le vinificazioni più rappresentative possibili e scientificamente rilevanti.
Lo statuto dell’Associazione recita tra gli obiettivi, riporto testualmente:
- identificare, catalogare e verificare vitigni antichi e minori a livello nazionale e internazionale.
- sostenere e promuovere l’identità di questi vitigni, della loro storia e dei diversi sistemi di coltivazione.
- attivare azioni di studio di ricerca per la valorizzazione di questi vitigni.
- coordinare iniziative tecnico-scientifiche e culturali tese al recupero e alla loro valorizzazione anche in sintonia con enti e istituzioni. favorire in questi areali la presenza dell’uomo, la conservazione dell’ambiente, dei vecchi vigneti e delle antiche forme di allevamento, della tutela del paesaggio e del mantenimento di un tessuto sociale e culturale presupposto per l’attivazione di processi di sviluppo rurale.
Ho avuto la possibilità di assaggiare circa venti varietà diverse, vinificate in vetro (o acciaio), tra bianche e rosse. Alcune sconosciute e recuperate nei posti più improbabili, altre invece ben più note, diffuse e impiegate, seppur in modo complementare, in denominazioni blasonate. Ne è emerso che, ad oggi, vi sono delle varietà sorprendenti in termini soprattutto di acidità e freschezza, in grado di arrivare a maturazione completa mantenendo livelli di acidità invidiabili, ottime concentrazioni di colore e tannini, così come gradi alcolici corretti. Talune si sono rivelate interessanti anche in appassimento, aprendo strade alternative per la preservazione anche di una tecnica e non solo delle varietà stesse.
GRASPO è una piccola realtà, un gruppo di amici è vero, che però sono professionisti e hanno tutte le carte in regola per espandersi e creare connessioni su tutto il territorio nazionale.
Dovrebbero esserci più GRASPO fra noi o forse ci sono, semplicemente non sanno ancora di esserlo. Chiunque avesse (o avesse avvistato) viti che possano essere di interesse a questa associazione e ai suoi scopi è invitato a mettersi in contatto con i responsabili, li trovate sui principali canali social come Associazione GRASPO.
Per chi fosse curioso ecco i nomi delle varietà degustate: Vernazola, Ua salà, Bigolona, Gouais Blanc, Saccola rosè, Rossetta di Montagna, Quaiara, Cabrusina, Pelara, Dindarella, Croatina, Denela, Forselina, Simesara, Saccola, Pontedara, Oseleta, Cavrara o Bassanese dal Piciol Rosso, Turchetta.
La degustazione di cui sopra è avvenuta presso la cantina di Gianni Tessari, nel cuore delle colline nere del Soave e del Lessini Durello. Per questo motivo vi lascio con la degustazione di quella che reputo essere la miglior interpretazione di Durello metodo classico di questo produttore. Un insolito dry, che promette grande longevità e sfaccettature infinite tra verticalità e sensazioni cremose.