Un tour nella Tuscia ha mostrato che un approccio più sostenibile alla terra è possibile e, forse, obbligato. Un ritorno all’antico con le conoscenze moderne.
A metà del mese di gennaio abbiamo potuto vedere uno spaccato delle nuove tendenze di approccio alle pratiche agricole nella Tuscia; anzi, più che nuove tendenze una pratica antica: non intensiva e seriale, ma biologico-biodinamica-sostenibile, naturale e, soprattutto, senza fanatismi ideologici. La speranza è che tale pratica si diffonda sempre più.
Da questo tour – organizzato da Carlo Zucchetti, padrone di casa e profondo conoscitore delle eccellenze locali – ho riportato la certezza che una nuova filosofia che governi il rapporto con la natura è possibile; è necessario e urgente un ritorno all’antica concezione della gestione della terra, abbandonando la filosofia del mordi e fuggi, dello sfruttamento finalizzato al massimo guadagno: sono concezioni che portano alla distruzione della terra!
Ritrovare un ripristino degli equilibri naturali, raggiunto faticosamente dopo anni, lascia ben sperare sulla possibilità che ci sia ancora tempo perché l’uomo fermi questa scellerata corsa verso lo sfruttamento intensivo, come se non ci fosse un domani, a favore di un recupero in “zona Cesarini” di un decente ecosistema.
S’Osteria 38
La Tuscia è quel territorio che s’incunea tra il Lazio, la Toscana e l’Umbria e il fulcro del tour, distribuito su tre intense giornate, è stato S’Osteria 38 di Acquapendente, una realtà gestita da una cooperativa, posta sulla via Francigena, l’antica via di pellegrinaggio che collegava Canterbury a Roma. E, proprio seguendo l’antica tradizione di accoglienza dei pellegrini, è stato sviluppato un progetto articolato tra ristorazione e ospitalità per turisti e bucolici appassionati della domenica.
È fulcro solidale di molte altre realtà locali: in questa struttura vengono utilizzati prodotti di aziende sensibili alla sostenibilità ambientale, ed è anche punto vendita di quei prodotti. Elisa Calanca, giovane donna esperta e determinata, dirige questa struttura dove, al contempo, si svolge anche attività di formazione per persone che vivono una particolare fragilità o che provengono da un passato difficile e qui hanno la possibilità di iniziare un percorso virtuoso offrendo loro anche opportunità di lavoro, partecipando attivamente alla gestione della struttura.
Pulicaro
La prima tappa, forse la più illuminante, quella che ci ha dato l’imprinting dell’intero evento, l’abbiamo fatta presso l’azienda agricola Pulicaro, una fattoria a tutto tondo, dedita all’allevamento, alla produzione di ortaggi, cereali ed olio e dotata di agriturismo dove utilizza prevalentemente i propri prodotti.
Si trova a Torre Alfina, tra Orvieto ed il Lago di Bolsena, e qui Marco e Chiara Carbonara curano circa cento ettari di terra e ne osservano rigorosamente la rotazione dell’utilizzo, sia di quelli adibiti a pascolo che destinati alle coltivazioni; alla concimazione dei terreni ci pensano gli ovini che pascolano e i microrganismi presenti nel terreno compiono il “miracolo” della rigenerazione dell’humus. La biodiversità delle piante e delle erbe spontanee è una ricchezza e le pecore che mangiano le olive bacate rimaste sulla pianta o a terra, eviteranno la presenza della mosca nell’annata successiva; le galline che beccano libere e indisturbate, regalano più uova, di qualità superiore, come le loro carni e gli oltre cinquanta pastori maremmani, cani di taglia forte, non servono solo per fare da guida ai branchi di ovini, ma sono anche un forte deterrente ai possibili attacchi di tassi, lupi, faine, ecc.
Podere Orto
Giuliano Salesi e Simona de Vecchis nel 2009 hanno abbandonato la città e si sono ritirati a vivere in campagna, a Trevinano, vicino ad Acquapendente. Impressionati dalla enorme ricchezza del materiale genetico trovato in vecchi vigneti piantati negli anni ’70 intorno ad Acquapendente ed al Lago di Bolsena, hanno fatto una selezione massale e, con quelle marze, hanno iniziato a impiantare i loro vigneti, in località Orto; 4 ettari sugli 8,5 di proprietà, a un’altitudine di 570-650 metri al confine con la Riserva Naturale Monte Rufeno, circa 3000 ettari di boschi, sorgenti, corsi d’acqua, con flora e fauna ricca di specie rare. Seguono una conduzione biodinamica, il diserbo è manuale, le fermentazioni sono spontanee e il vino non è filtrato all’imbottigliamento. I vitigni selezionati e tuttora coltivati sono Procanico, Roscetto, Moscato Bianco, Grechetto, Verdello e Malvasia per i bianchi; Alicante, Sangiovese, Ciliegiolo e Grechetto Rosso per i vitigni a bacca rossa. Pur essendo in un periodo invernale, i vigneti hanno un tappeto erboso rigoglioso e ricco di varietà di erbe.
Valle Perlata
Ubicata a Montefiascone, sul Lago di Bolsena, alleva maiali di Cinta Senese, Nero Casertano e Nero d’Abruzzo allo stato brado in una immensa tenuta, condotta in regime biologico.
Fattoria di Alice
Dopo una veloce visita alla bellissima città di Viterbo, siamo andati alla Fattoria di Alice, che è motore di inclusione sociale della Cooperativa Fattorie Solidali: persone in grave difficoltà sociale possono seguire corsi di formazione tenuti da esperti – agronomi, psicologi, biologi – tutti abilitati a lavorare con pazienti psichiatrici e trovare, poi, occupazione in un vastissimo orto, ricco di verdure d’ogni specie e frutta, sempre tassativamente coltivati in regime biologico e smerciate in loco o presso punti vendita di qualche struttura collegata.
Antonella Pacchiarotti
In soli due ettari e mezzo di vigneti, a 500 metri di altitudine, condotti in regime biologico, affacciati sul Lago di Bolsena, e con un solo vitigno, l’Aleatico di Gradoli, Antonella riesce a sfruttare al massimo le caratteristiche aromatiche dell’uva, adottando una lavorazione in cantina molto delicata, e propone sei gradevoli etichette. La cantina, pur non essendo di grande funzionalità, ma molto suggestiva, è ricavata in una galleria scavata nel tufo che scende fin sotto la piazza principale di Grotte di Castro.
Vigne del Patrimonio
Quando faceva parte dello Stato Pontificio, l’attuale provincia di Viterbo era la “Provincia del Patrimonio di San Pietro”. Ad Ischia di Castro, in località Vepre, questa piccola azienda ha una proprietà con solo 4,5 ha di vigneti, situata a 200-300 metri di altitudine tra il Lago di Bolsena e il mare. Condotta in regime biologico da Rosa e Michele Capece, si è rivelata adatta a produrre uve per spumanti e rossi eleganti. Con tre vitigni, Chardonnay, Pinot Noir e Cabernet Franc, vengono prodotti tre spumanti metodo classico, un vino bianco e due vini rossi.
Tenuta Radichino F.lli Pira
Sempre ad Ischia di Castro c’è una tenuta di circa 400 ettari adibita ad allevamenti di animali di piccola taglia e coltivazioni cerealicole. Gli amanti di formaggi e salumi possono eleggerlo a loro meta domenicale preferita: ce n’è per tutti i gusti!
Tra i vini che abbiamo degustato, a seguire quelli che mi hanno colpito di più. Cliccare sul nome per aprire la scheda.