Si possono amare o meno, ma non si possono non considerare i vini irpini di Roberto Di Meo. Costituiscono un vero “caso enologico”, in quanto escono anche decenni dopo la vendemmia, complici lunghissimi affinamenti in acciaio.
Ricordate “Il curioso caso di Benjamin Button”? il film del 2008 diretto da David Fincher, con Brad Pitt e Cate Blanchett, candidato a tredici premi Oscar, vincendo quelli per migliore scenografia, miglior trucco e migliori effetti speciali. È la storia di un bambino nato con le sembianze di una persona anziana che con la crescita ringiovanirà.
Una storia di vita all’inverso, inverosimile, ma che trova in qualche modo analogia e correlazione con i vini della cantina Di Meo di Salza Irpinia. Conosco Roberto Di Meo dal 1998, quando eravamo giovani, lui da poco laureato in enologia e io agli inizi della mia appassionata carriera nel mondo dell’enogastronomia.
Testimonio dell’avanguardia di Roberto, che si è distinto come pioniere dei vini bianchi affinati, così come è stato tra i primi in Campania ad impiegare il legno per la maturazione del Fiano, all’epoca una visione alternativa e sperimentale, come era accaduto per il Cervaro della Sala di Antinori nel 1985 e pochi altri vini in Italia.
Il Fiano di Avellino Colle dei Cerri Riserva 2008
Per l’etichetta Colle dei Cerri è adesso in vendita l’annata 2008. Snellita dal legno rispetto alla 2000 gode di una strabiliante gioventù e finezza. Ricordiamo gli altri attuali cru in commercio: il Fiano di Avellino Alessandra 2013, il Fiano di Avellino Erminia Di Meo 2004, il Greco di Tufo Vittorio 2008.
Roberto Di Meo si afferma maestro nell’affinamento dei vini bianchi, senza rivali, confrontandosi con altri capolavori della enologia mondiale, emergendo sempre vincente. I suoi vini mantengono una qualità insperata nel tempo, come dimostrano i venti anni di Erminia e i diciotto di Vittorio. Un caso unico, che trova sempre più approvazione dalla critica mondiale e che noi di Doctorwine abbiamo premiato fin dall’inizio.
Esce a gennaio il Fiano 1993
Con Daniele Cernilli avevamo assaggiato in anteprima il Fiano 1993 (vino bianco da tavola), prodotto in circa 8000 esemplari e che uscirà a gennaio 2025. Un vino simbolo tangibile dell’eccellenza e della straordinaria longevità. Nonostante i 31 anni trascorsi dalla vendemmia, non mostra segni di ossidazione o maturazione, mantenendo un colore giallo paglierino verdolino che ricorda il suo stato appena vendemmiato. Una straordinaria parabola di maturazione.
Confesso di aver provato invidia per come porta gli anni questo vino, dove il tempo ha solo giovato all’armonia generale, conservando freschezza e verticalità, mentre a me ha riservato cambiamenti ben visibili. A parte la battuta, il caso è davvero unico.
Come ci riesce Roberto Di Meo?
Applica diverse tecniche, iniziando dalla vigna. In cantina lavora in riduzione, eliminando le fecce grossolane dopo il primo travaso, e per la produzione delle riserve, i vini rimangono sulle fecce fini per svariati anni, variabili in funzione dell’annata e del risultato che vuole ottenere, rimescolando queste ultime dapprima più frequentemente e poi in maniera sempre più sporadica, continuando a monitorare l’ossigeno in vasca e saturando con azoto lo spazio di testa dei serbatoi quando necessario.
Insomma, nessun effetto speciale. La riduzione praticata da Roberto, incarna il Benjamin Button dei vini, con la sostanziale distinzione che, a differenza del personaggio frutto della fantasia dello scrittore e sceneggiatore Francis Scott Fitzgerald, i vini di Roberto e Generoso Di Meo esistono.
Come ha affermato il direttore Daniele Cernilli: “un vino così non si produce neanche in Borgogna”.