Lo chiamavano, e lo chiamano ancora, il più francese tra gli italiani… per tutti l’ingegner Zamuner. In quella terra di mezzo tra Verona e lago di Garda che risponderebbe alla doc Custoza c’è voluto un ingegnere per farci intravedere un piccolo scorcio di Champagne.
Questo era Daniele Zamuner, ingegnere visionario amante del vino o meglio… dello Champagne. Erano gli anni ’70 quando l’ingegnere andava in Francia per lavoro e iniziava a fare i conti con un’usanza tutta francese, quella di bere vini con le bollicine a tutto pasto. Quel vino era Champagne, evidentemente; vino di cui Daniele Zamuner subì il fascino al punto che, ad ogni viaggio iniziò a maturare sempre più l’idea di realizzare una sorta di “Champagne italiano”.
Ereditati dalla famiglia dei campi, dubbi non ce n’erano, sarebbero stati vitati per realizzare un metodo classico… restava solo da capire come. Complice la moglie, insegnante di francese, si recarono nuovamente in Francia, suonarono letteralmente il campanello dell’Istituto Enologico e si fecero svelare i segreti di come realizzare un ottimo Champagne. Questa storia ha dell’incredibile, eppure è tutto vero. Al rientro in Italia seguirono analisi del suolo e studio del territorio; e fu qui che arrivò il vero colpo di fortuna. La porzione di colline moreniche dove sarebbero sorti i vigneti presentava delle venature calcaree perfette per la coltivazione di Pinot Nero e Meunier oltre che di (già presente sul territorio) Chardonnay. Ecco che il magico trio dalla Francia iniziò a materializzarsi a Sona, a metà strada tra la città di Verona e il lago di Garda.
Il ricordo dell’ingegner Zamuner, prematuramente scomparso, è vivido non solo nella memoria e negli occhi della figlia Alessandra, oggi alla guida dell’azienda, ma anche nei ricordi di tutte le persone che l’hanno conosciuto, personalmente o tramite i suoi vini. Ed è così che l’ho conosciuto anch’io, a calici pieni, bollicina dopo bollicina.
Ma di che vini stiamo parlando?
Non possiamo certo parlare di Champagne, guai a scimmiottare i francesi! Questa la prima, e imprescindibile, raccomandazione dell’ingegnere. Ma l’ispirazione è forte e il richiamo immediato. Il modus operandi dell’ingegnere prevede che i vitigni rossi siano rigorosamente e solo vinificati in bianco, dobbiamo aspettare che a metterci lo zampino arrivi Gabriella, la “moglie strategica”, per avere un rosé. Circa 40.000 bottiglie all’anno, variabili in base alla stagione. Tutto millesimato. Lo stile Zamuner prevede lunghi, lunghissimi, affinamenti in bottiglia sui lieviti. Marchio di fabbrica è sicuramente il Meunier. Grande rilevanza anche per la data di sboccatura, dichiarata nella retroetichetta che costituisce una vera e propria carta d’identità del vino. Splendide espressioni ancora complesse e fragranti a un anno dalla sboccatura sono i vini che degusterete in cantina. All’estro creativo di ogni sommelier, ristoratore o consumatore sperimentare affinamenti più estremi.
Entrata in azienda nel 2016, due anni dopo con la vendemmia 2018 anche Alessandra ci mette del suo e firma educatamente e sottovoce l’ultima etichetta nata in Famiglia Zamuner. Cuvée Alessandra è blanc de noirs, primo dosaggio zero per l’azienda, con “solo” tre anni sui lieviti. Una bollicina finissima, riflessi brillanti, note agrumate e sapidità al palato. Se questa Cuvée è sinonimo di una spensieratezza che Alessandra ha avuto il coraggio di imprimere in questo vino, l’etichetta più sorprendente di tutte (ebbene sì, anche più della mitica riserva Daniele Zamuner o riserva rosé, entrambe con più di 10 anni sui lieviti) è il Demi Sec. Non è che proprio posso svelarvi tutto di questo vino. Ma ancora una volta la storia della sua nascita potrebbe essere un capitolo del romanzo che questa azienda sta scrivendo negli anni.
Tutto ebbe inizio quando il vino Zamuner divenne parte di un cocktail. Miscelato il risultato era accattivante ma leggermente dolce per i gusti dell’ingegnere. Così, meditando su questo ennesimo progetto, ispirato dal barman che creò il cocktail, iniziò a studiare un’etichetta demi sec. 30 g/l di zuccheri e l’utilizzo di un liquore molto particolare nella liquer d’expedition. Memorabile, ve lo assicuro… è diventato uno dei miei spumanti preferiti perché perfetto, e mai banale, connubio tra golosità e profondità.
Conoscere la storia dei vini Zamuner e assaggiarli di volta in volta ha sempre dell’incredibile. Nessuno mai avrebbe scommesso tutto (l’azienda non produce altri vini) su un metodo classico di quella terra di mezzo tra città e lago che risponderebbe alla doc Custoza ma in cui, c’è voluto un ingegnere, oggi si riesce a intravedere un piccolo scorcio di Champagne.