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5 Svitati per i tappi a vite

Cinque produttori con la stessa “visione” sulla tappatura, Jermann, Walter Massa, Franz Hass, Pra, Pojer e Sandri, hanno presentato la loro idea suffragata dalla degustazione e dagli studi del professor Mattivi.

Portare 130 persone nei Colli Euganei per sentir parlare di tappi non è facile; probabilmente ci vuole un po’ di pazzia e un “contenuto” (non una foto) forte e interessante che catturi l’attenzione. Gli Svitati ci sono riusciti in virtù della loro autorevolezza e dell’idea forte che volevano comunicare.

Ma chi sono gli Svitati? Cinque produttori con la stessa “visione” sulla tappatura che si è consolidata nel tempo e dopo varie annate di confronti. I loro nomi: Jermann, Walter Massa, Franz Hass, Pra, Pojer e Sandri. La loro idea è quella di usare il tappo a vite sulla intera produzione di vini bianchi e non solo.

Alla cena di benvenuto ci sono stati proposti vari vini di diverse annate con due tappature, in sughero e a vite. Oggettivamente più si andava indietro nel tempo, più la forbice olfattiva e visiva si “apriva” a favore del tappo a vite. Bisogna puntualizzare che quello che penalizzava maggiormente il tappo di sughero era l’elevata variabilità tra le bottiglie in degustazione comprese tra i 7 e i 10 anni di età, alcune buonissime, altre (ahimè la maggioranza) meno.

Un risultato che nella degustazione tecnica del giorno dopo è stato confermato abbastanza nettamente sui vini bianchi con alcune riflessioni interessanti. La prima è che il tappo di sughero talvolta paga colpe non sue; sovente le tolleranze sulla produzione delle bottiglie. soprattutto i colli delle stesse. sono troppo ampie e il sughero, nonostante la sua meravigliosa elasticità, non riesce a compensarle (ancora peggio va con altre tappature) ma nessuno (i produttori sì) controlla i colli delle bottiglie.

La seconda riguarda i vini rossi. Nel caso del Walter Massa Monleale 2016 (Barbera con Croatina) il tappo di sughero aveva permesso una migliore armonizzazione della parte gustativa del vino che risultava più equilibrata con migliori tannini. Sul Pinot Nero Schweizer 2015 invece l’aspetto olfattivo era più integro sul tappo a vite mentre alla gustativa diventa una questione personale sull’interpretazione delle evoluzioni.

Di grande interesse, non poteva essere diversamente, l’intervento del Professor Fulvio Mattivi, Università di Trento e Fondazione Edmund Mach, che oltre a rimarcare la differenza tra dati, opinioni e considerazioni, ha commentato in dettaglio alcuni lavori sulle diverse tappature prodotti dall’università di Bordeaux e da quella di Adelaide. Questi paper insistevano con dettagliate analisi sull’influenza della tappatura nella interazione con l’ossigeno, ne conseguiva l’utilità della solforosa come elemento sacrificabile per la migliore conservazione dei vini. Una volta esaurita, un’ulteriore esposizione all’ossigeno porta all’ossidazione del vino, con perdita dei caratteri fruttati, imbrunimento del colore e sviluppo di aromi e sapori “ossidati”.

Questi lavori erano dedicati in maggior parte ai vini bianchi. A tal proposito grande interesse ha suscitato la parte di intervento che metteva in evidenza come la degradazione dovuta all’ossigeno intervenga prima sui colori che sulle sostanze odorose e anche di come nelle tappature a vite la permeabilità delle nuove membrane abbia permesso una gestione migliore del rapporto solforosa libera-ossigeno, consentendo anche una buona polimerizzazione dei tannini.

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