DegustazioniIn giro per cantine

Ladaltempo Ruggeri riscrive le regole del Prosecco Superiore

Ruggeri è un’azienda innovativa, che vuole riscrivere le regole del Prosecco Superiore. Con Ladaltempo lancia il cuore oltre l’ostacolo e propone un Valdobbiadene Millesimato di altissima caratura.

Storica realtà produttiva per il Prosecco e il Prosecco Superiore delle colline patrimonio Unesco di Conegliano Valdobbiadene, Ruggeri rilancia mettendo sul piatto un nuovo prodotto. Dopo Giustino B., dedicato al fondatore, e Vecchie Viti, altro prodotto che del tempo ha fatto un elemento centrale, forse ricorderete Cinqueanni. Il primo Valdobbiadene a sostare in cantina per 5 anni, custodito in autoclave e poi in bottiglia (annata 2014, release 2019). Ruggeri non si accontenta e lancia una nuova sfida al tempo e alla Glera, lasciandola sostare, una volta divenuta Prosecco, per circa 60 mesi sempre in autoclave a 0°C. Nasce così Ladaltempo, la prima selezione di una collezione tutta in divenire. 

Ho assaggiato questo Valdobbiadene Docg millesimato 2017, in autoclave da primavera 2018 e in bottiglia da febbraio 2023. Prima di raccontarvi come è andata, per capire come si è arrivati a questo tipo di sperimentazioni, mi pare doveroso riassumere gli aspetti salienti che caratterizzano la Ruggeri come azienda. 

L’azienda Ruggeri

Siamo nel 1800 quando Luigi Bisol è uno dei primi enologi di Valdobbiadene. Dobbiamo aspettare il 1950 affinché suo figlio Giustino Bisol, con il cugino Luciano Ruggeri, fondino la cantina Ruggeri. Arrivata a oltre 100 conferitori storici, e con la responsabilità del 12% della produzione di Cartizze totale, l’azienda ha visto alla guida Paolo e Isabella Bisol, padre e figlia, fino al 2017. Fu proprio in quell’anno che subentrò Rotkäppchen-Mumm Sektkellereien, influente gruppo tedesco che non solo credette nel Prosecco come prodotto ma soprattutto condivise da subito i valori e l’approccio innovativo di Ruggeri. Ecco che, moltiplicate le forze, la Ruggeri diviene pronta a immergersi ancora di più nel mondo della sperimentazione su Glera e Prosecco, innovando, sperimentando e riscrivendo le regole di questo vino. 

Nasce Ladaltempo

Non ha infatti rivali, al momento, né regole, il procedimento che ha portato alla realizzazione delle 4500 bottiglie nell’annata 2017 di Ladaltempo. Annata calda, concentrata, ma tutto sommato buona per la zona grazie a qualche provvidenziale precipitazione. Proprio le caratteristiche di questa annata hanno fatto sì che la 2017 fosse particolarmente interessante per la produzione di questo vino. La resa contenuta ha sicuramente contribuito (insieme alla sosta sui lieviti) a alzare di ben 2 punti la media dell’estratto secco portandolo da 15 a 17 g/l.  C’era ciccia in questo vino… perché non sfruttarla? Ebbe così inizio la lunga sosta in autoclave, non prima di doverosi accorgimenti così da permettere al vino di prendere la spuma senza rischio di interferenze o deviazioni. 

Ladaltempo è la prova che alla Glera stare sui lieviti piace, e stare sui lieviti la cambia. Brillano gli occhi a Paolo Bisol, oggi brand ambassador, quando pensa a come è cambiata la tecnologia e a cosa permetta oggi di fare. Mai in passato saremmo riusciti a fare dei Valdobbiadene così. Concorda l’enologo junior di casa Ruggeri, Andrea Canal, relativamente al ruolo che controllo della temperatura, filtrazioni e materiali inerti come l’inox giocano nel realizzare un vino come Ladaltempo. Inimmaginabile fino a una manciata di decine di anni fa. 

La sfida del tempo

Una vera sfida quella con il tempo che, seppur lentamente, cambia inevitabilmente il vino e lo trasforma. Sensibile a questo cambiamento è specialmente la CO2, elemento caratterizzante il vino spumante. Una carbonica che man a mano si assottiglia e in parte si restituisce al vino. Delicato, questo spumante è sensibile anche alle riduzioni che potrebbero comprometterne la fragranza e l’integrità dei profumi. Ma se queste sfide vengono vinte, il risultato qual è?

Un Valdobbiadene decisamente cambiato soprattutto al naso, dove sensazioni floreali e a tratti gessose sono ben presenti e riconoscibili seppur delicate. Non manca un richiamo al lievito. Il palato sorprende per grassezza. La bollicina è fine fine fine, con un perlage gradevole quanto delicato. L’esperimento è sicuramente riuscito e non vedo l’ora di provarne anche le prossime “tesi”. 

Certo non è del tutto ciò che ci aspettiamo da un Valdobbiadene Docg, né lo vuole essere. Soprattutto nel prezzo che inevitabilmente sfonda il tetto stabilito anzi tempo, sempre stato difficile da superare. Sarà forse questo ciò che ci serviva per far capire che non tutti i Prosecco sono vini piccoli e che i produttori e gli enologi di questo territorio hanno davvero tanto da raccontare? Va detto che già qualche eccezione alla regola la conosciamo. Mi riferisco al Vecchie uve di Bele Casel che in autoclave di mesi ne fa 12 o ai prodotti di Nino Franco, out of the box. La domanda comunque rimane aperta, in attesa di assaggiare esperimenti frutto dei sogni nel cassetto anche di altri produttori. Sotto a chi tocca! 

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