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Il monovitigno in etichetta

Secondo la legislazione europea, per indicare un vitigno sull’etichetta di un vino è sufficiente che quel vitigno sia presente per almeno l’85%. Per la quota restante sono previsti nei vari disciplinari altri possibili vitigni.

Molti vini italiani a Docg, a Doc e a Igt portano in etichetta il nome del vitigno di riferimento e moltissimi consumatori sono portati a credere che si tratti di vini fatti con una sola tipologia di uva. Leggendo i disciplinari di produzione si può facilmente scoprire che non è quasi mai così, o meglio, le leggi consentono l’uso di percentuali di altri vitigni che possono andare dal 5 al 15% quasi sempre.

Così è per tutti i vini che hanno la Doc Collio, Langhe o Maremma Toscana (tanto per citarne alcuni) seguita dal nome dell’uva, così è per il Greco di Tufo, per il Fiano di Avellino, per il Vermentino di Gallura, per il Verdicchio dei Castelli di Jesi, per la Barbera d’Asti e per quella di Alba. Non è detto che i produttori usino altre varietà, ma la cosa è possibile e legale in moltissime denominazioni.

Esistono ovviamente anche dei vini che sono prodotti per disciplinare con una sola uva, pensiamo al Brunello di Montalcino, al Barolo, al Barbaresco. Non sono molti, sono in genere famosissimi ma soprattutto non portano quasi mai il nome del vitigno in etichetta.

Negli Stati Uniti addirittura la percentuale del vitigno segnalato in etichetta scende al 75%, perciò la maggior parte dei Cabernet Sauvignon della Napa Valley, ad esempio, sono in effetti quasi sempre frutto di tagli con altre varietà, Merlot in primis.

Credo che gran parte dei nostri lettori sappia che le cose stanno in questo modo, mi chiedo se chi sta facendo una vera guerra di religione sul concetto di monovitigno si renda conto che, al di là di alcune prestigiose Doc e Docg che comunque non lo segnalano in etichetta, preferendo l’origine alla varietà (come a Bordeaux, in Borgogna quasi sempre e in Champagne peraltro), la legislazione permette tagli, anche di una certa consistenza, in quei vini che dichiarano l’uva di provenienza.

Del resto pressoché in tutto il mondo i grandi vini sono definiti per il loro luogo di origine, Rioja, Ribera del Duero, Porto, Sancerre, Chambertin, Pauillac, e non certo per i vitigni che ne sono alla base. Ricordo sempre la figura meschina che feci con Madame Lalou Bize-Leroy, all’epoca a capo del Domaine de la Romanée Conti quando iniziai un’intervista presentandola come la più grande interprete di Pinot Noir al mondo. Lei mi rispose che c’era un equivoco. Mi disse che lei non faceva Pinot Noir, quello lo facevano in Oregon e in Nuova Zelanda, ma Romanée Conti, La Tache e Richebourg. Li faceva con il Pinot Noir, vero, ma c’era una bella differenza…

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