Avere un lavoro di successo, decidere di cambiare vita e produrre vino. Un destino comune a molti produttori che hanno creato aziende di successo. Ve ne segnaliamo tre a nord, centro, e sud Italia.
Il mondo del vino è pieno di vignaioli e di produttori in genere che provengono da altri settori e che attraverso l’attività vitivinicola hanno letteralmente cambiato la loro vita. Alcuni hanno iniziato diverse decine di anni fa e oggi distinguerli da chi invece ha una tradizione familiare di diverse generazioni e talvolta di secoli può essere difficile. Però la storia di chi ha cominciato con un vero rinnovamento di vita è spesso davvero interessante. Raccontare tre storie di nuovi viticoltori, o comunque di chi non aveva trascorsi precedenti tra vigne e botti, mi è sembrata una buona idea.
La prima è quella di Marco Piacentino che una ventina di anni fa decise di affiancare alla sua attività di architetto di successo quella di produttore di vino. Lo ha fatto acquistando qualche ettaro di vigneto nientemeno che in Piemonte, a Barbaresco, nella prestigiosa zona di Roncaglie. L’azienda Socré è nata così, e così è nato il suo Barbaresco Roncaglie, un rosso da uve Nebbiolo, ovviamente, fatto maturare in botti da 20 ettolitri e realizzato con tecniche enologiche in parte innovative, con uso di tini di legno da 20 ettolitri per la fermentazione e di piccoli fusti di rovere francese per la maturazione successiva. Elegante, austero, longevo, da “neofita” qual era è riuscito a produrre una vera gemma, tra i migliori vini della sua tipologia.
La storia di Erik Banti invece è ancora più antica perché inizia nel mondo del vino nel 1981, quando lui, giovane e brillante tour operator romano, decide di trasferirsi in Maremma e di cominciare a fare vino nel territorio del Morellino, con il Sangiovese di quelle parti, prima a Montemerano, poi a Scansano. Da vero “cittadino” va a vivere in campagna, cambia completamente vita, e diventa uno dei produttori più bravi di quella zona. Oggi molti lo considerano il “papà” del Morellino, quello che è riuscito a farlo conoscere in mezzo mondo e uno degli interpreti più felici e classici. Di certo per quel vino c’è un prima e un dopo Erik Banti e pochi quando iniziò avrebbero immaginato che le cose sarebbero andate in quel modo.
Ci spostiamo a sud, a Santo Stefano Briga, tra Messina e Taormina, quindi in Sicilia, sulle colline che precedono i Monti Peloritani e da dove si domina lo Stretto. Salvatore “Turi” Geraci era ed è un architetto e un gourmet. Dagli inizi degli anni Novanta del secolo scorso si è trasformato in una delle icone delle vitienologia siciliana. Ha rimesso in piedi l’azienda di famiglia che era semi abbandonata e ha iniziato a produrre un vino leggendario, il Faro Palari, da uve Nerello Mascalese con aggiunte di Nerello Cappuccio e di Nocera. È un rosso avvolgente, speziato e assolutamente mediterraneo che oggi passa per essere uno dei migliori e più longevi vini siciliani in senso assoluto. Lui continua a fare l’architetto, è un grande appassionato di gastronomia, ma nel mondo del vino è noto soprattutto per quel vino straordinario che gli ha letteralmente cambiato la vita.