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Famiglie Storiche, se il vino fosse un profumo

Parliamo di Amarone e di una degustazione fatta dalla nostra enologa-degustatrice Sissi Baratella insieme alla sua amica “naso” (come vengono chiamati i creatori di profumi) Joan Giacomin, allenatissima a riconoscere ogni fragranza.

Sebbene il profumo dell’Amarone non sia ancora riuscito a stancarmi, anzi ogni volta è quasi come fosse la prima volta… devo dire che il desiderio di fare nuove esperienze di certo non mi manca. Quindi ne ho approfittato rendendo cavie inconsapevoli del mio ultimo esperimento le Famiglie Storiche, cioè le 13 aziende produttrici di vino in Valpolicella che dell’Amarone hanno fatto il loro porta bandiera.

Mia complice nell’esperimento Joan Giacomin, Ambassador di Merchant of Venice, compositrice di profumi, partecipa a concorsi internazionali con le fragranze da lei ideate ed è un naso allenato anzi allenatissimo a riconoscere i profumi. Lavora quotidianamente con ben 120 materie prime proprio a Venezia, presso Libreria Studium dove Merchant of Venice ha sede e dove conduce workshop e experience proprio sulle fragranze, sulla storia dei profumi e sull’abilità di crearli. (andate a trovarla, a pochi passi da Piazza San Marco). Joan è anche make-up artist, a conferma che buono e bello vanno spesso a braccetto.

Dopo aver annusato più di cinquanta profumi diversi e aver composto la mia personale fragranza (che al momento riposa in frigorifero in attesa che diventi un unicum) ci siamo recate alla degustazione. Spezzo una lancia a mio favore, il naso di Joan lavora in maniera eccelsa e affascinante, il palato più allenato tra i due però era il mio. L’assaggio del vino, evidentemente, include un aspetto che nei profumi non è previsto, cioè quello della deglutizione che può regalare, come abbiamo avuto conferma durante il nostro esperimento, solide conferme piuttosto che sensazioni inaspettate e contrastanti.

Iniziamo cercando di dare un senso alle cose definendo dei concetti.

Joan mi insegna che il naso di un profumo deve dividersi in tre componenti base:

  • note di testa (top notes), quelle più fresche ma anche destinate a durare meno sia in termini di vita che di durata della percezione. Tra queste annoveriamo limone, bergamotto, mandarino, anice e lemongrass, tanto per farvi degli esempi.
  • note di cuore (heart notes), di media durata costituiscono il corpo della fragranza. Calde e avvolgenti, per lo più golose e per certi aspetti gastronomiche. Qui ci sono i fiori bianchi, ma anche pesca, pera, lampone, così come le note speziate dolci di cannella, chiodi di garofano, noce moscata.
  • note di fondo (base notes), costituiscono la struttura portante, sono le più persistenti, una vera e propria sorta di impalcatura. Distinguiamo patchouli e vetiver, come note profonde balsamiche, ma anche vaniglia e fava di tonka (mia recente ossessione…)

Quando ancora tutte queste componenti sono presenti e quindi riconoscibili si dice che il naso è tridimensionale. Ricco quindi in sfaccettature ma soprattutto in profondità. Un profumo inoltre può essere anche riconducibile a un’epoca storica particolare, dove andavano letteralmente di moda determinate fragranze piuttosto che altre. Indovinate invece cosa nel mondo dei profumi, e fortunatamente sempre più anche nel mondo del vino, è out of fashion e ormai proibito? Fare distinzione tra profumi maschili e femminili così come parlare di fragranze orientali. Insomma non esistono più confini e tutto è possibile.

Sperando di avervi fatto venire voglia di sapere quindi come è andata col vino… ecco alcune perle (quelle più eclatanti) che con Joan abbiamo condiviso durante la degustazione dei vini delle Famiglie Storiche.

Azienda Speri, Amarone della Valpolicella Classico Sant’Urbano 2018. È risultato floreale, con note di mimosa e damascenone (codificato come rosa cantina, cioè un sentore che sa di rosa ma anche di cantina riconducibile all’affinamento in legno). Di sottofondo una nota di radice. Tutti i loro vini (erano presenti anche Valpolicella Superiore e Valpolicella Ripasso) sono connotati da grande sapidità, elemento che potrebbe dipendere da alga rossa.

Confusi? Procediamo…

Tenuta Sant’Antonio, Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli. Definito un capolavoro dal punto di vista olfattivo. Profuma di ambra grigia, che onestamente non ricordo cosa sia, mi sono fermata a “capolavoro”.

Tedeschi, Amarone della Valpolicella Marne 2019. Ha note di galbano, che per la cronaca è una resina. L’ho ricondotto a quella nota verde e fresca che io riconosco sempre nei vini di Tedeschi della Tenuta Maternigo. Una freschezza tutta diversa da quella dell’Amarone della Valpolicella Classico Riserva Capitel Monte Olmi 2013, in cui Joan ha identificato l’Helvetolide (nome di un aroma sintetico e brevettato), sentore codificato come “finestra aperta sulla natura”. Mica male eh?

Andiamo avanti? Certo che sì!

Brigaldara. L’Amarone della Valpolicella Classico è stato definito come un profumo di fine ‘800. Mentre Amarone della Valpolicella Case Vece 2016 sa di fava tonka (guarda caso ritrovo questo sentore che ho scoperto di amare proprio nel vino che normalmente preferisco di Brigaldara), assoluta di gelsomino e legno biondo. Due vini decisamente diversi per la stessa azienda, d’altra parte uno è da uve della zona classica l’altro no.

Tommasi, Amarone della Valpolicella Classico Riserva De Buris 2010. Joan l’ha trovato l’unico vino tridimensionale in degustazione. Al naso quindi davvero molto interessante e profondo. Aggiungo io che tutti gli Amarone della famiglia Tommasi sono molto ricchi al naso e soprattutto immediati. Non vanno ricercati nel calice, sono loro a venire da te e ciò contribuisce a renderli decisamente accattivanti.

Che dite? Ancora un’azienda?

Allegrini. Partiamo dalla definizione di Amarone della Valpolicella Classico Riserva Fieramonte 2013, il vino dall’aroma invisibile che fa vivere due esperienze insieme. Annuncia una cosa, poi te ne racconta anche un’altra. Invisibile perché ricorda lo yogurt di montagna, quindi molto grasso e dal gusto acido e dolce allo stesso tempo. Un profumo di qualcosa che evidentemente non c’è ma si sente. Per finire il Recioto della Valpolicella Classico Giovanni Allegrini 2016 in cui prevale una nota lattonica quindi dolce che ricorda il cocco e il latte così come la crema.

Secondo me questa volta, oltre alla sete, potrei avervi fatto venire anche fame.

Mi fermo qui, ma non sono nemmeno a metà delle Famiglie, quindi ci rifaremo nel corso della prossima degustazione. Vi lascio con le note di degustazione di due vini che non ho mai recensito pubblicamente ma che erano presenti alla manifestazione e mi hanno lasciato un ottimo ricordo. Per approfondire, cliccate sul nome.

PS. L’occasione di questa degustazione, servito su piatto d’argento, è stata un evento organizzato dalle Famiglie in collaborazione con Ais Veneto nella bella Venezia. Sede d’eccellenza l’Hotel Monaco, in tutta la sua veneziana magnificenza.

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